Il teatro è magico
testo e foto a cura di Martina Barberis Casagrande
Il teatro è un mondo magico. Ricordo il primo incontro che ho avuto con Valentina Cortese, attrice di punta di Giorgio Strehler, tra le più importanti del teatro italiano, nonché colei che contribuì, tra gli altri, a far diventare Audrey Hepburn la diva che conosciamo oggi. Di lei disse Truffaut, registra francese della Nouvelle Vague, che è facile vincere un Oscar quando si ha a che fare con Valentina Cortese, dopo averla diretta in Effetto Notte.
Anni fa mi trovavo da un normalissimo dentista e in sala d’attesa c’era una bellissima signora: come avevo letto da qualche parte, si può essere bellissime anche a una certa età. Sono assolutamente d’accordo. E, aggiungerei, che l’esperienza aiuta aumentando carisma, eleganza e saggezza. Valentina Cortese mi parve una donna eccentrica ma, allo stesso tempo, molto umana. Stava parlando, con la persona che l’aveva accompagnata, di un premio che avrebbe dovuto ritirare. Mi vide, ero appena una bambina, e iniziò a chiacchierare amenamente con me per molto tempo. Quale divo oggi si comporterebbe così? Forse un’attrice di teatro, una donna curiosa, una persona d’altri tempi o forse potrebbe accadere anche oggi.
A proposito di umanità e spettacolo, ho un bel ricordo romano di una signora che aveva lavorato a Cinecittà con Monicelli. Mi disse che era un uomo “molto semplice” (se così lo possiamo definire). Andava a mangiare in trattorie di borgata e praticava “teatro” fuori dai set cinematografici, nella città.
Un altro incontro di cui ho memoria è stato con Luciano Damiani, scenografo che lavorò per La Scala, con Strehler, per il Piccolo Teatro e in molti altri teatri europei. Con un piccolo gesto dimostrò di essere un maestro: riuscì a scacciare la mia timidezza, pur rispettandola. Quando andammo a trovarlo, vidi una persona che “scarabocchiava” su dei fogli di carta: mi incuriosiva e, al tempo stesso, mi metteva soggezione. Ci mostrò il suo teatro romano - io ero timidissima ma stupefatta da quel bellissimo spazio, una meraviglia per qualsiasi bambino - capì e mi lasciò l’intero teatro a disposizione. Dopo un po’ la timidezza era sparita, mi guardò e sorrise (“ho vinto” avrà pensato).
Franco Jesorum, straordinario Arlecchino italiano, fu un’altra persona di cui conservo memoria, molto semplice e, al tempo stesso, eccentrica.
Ma da quando l’eccentricità è diventata un difetto per gli italiani? Queste figure mi hanno insegnato che l’originalità non necessariamente deve fare a pugni con la semplicità e sono contenta di essere riuscita a toccare con mano quel periodo che ormai mi sembra davvero così diverso dal nostro.
A prescindere dalla pandemia e dall’emergenza in corso, penso che il teatro sia un’arte fondamentale e per noi italiani imprescindibile. Perché vogliamo mettere sempre in secondo piano le arti e in particolare il teatro? Perché per gli inglesi è un valore e i bambini lo studiano e lo praticano a scuola mentre per noi è una macchia? Siamo teatranti nati. Mio nonno paterno mi ha lasciato un piccolo oggetto. Così lo porterai alla Scala, mi diceva. Questo fu il suo desiderio. L’anno scorso ho pensato di seguire il suo consiglio e ho cominciato a frequentarla assiduamente e per me diventata una droga, chissà, forse aveva davvero ragione.
La cosa più divertente, quando vado ai concerti, è stare in piccionaia. Là ci sono i commenti più esilaranti. Persone che urlano “bravi”, applaudono, fischiano, si emozionano. Il teatro è parte del cuore pulsante di una città e della sua storia. È un posto in cui le persone si sentono al sicuro.
Ho cominciato ad andae a teatro un po’alla volta, a piccoli passi, grazie anche alla mia passione per il cinema, di cui sono sempre stata una grande fan. Vedere Bolero dalla piccionaia dà una forte emozione, con tutti gli occhi del pubblico puntati su quelle piccole figure che piano piano si muovono, sempre di più, con una musica dolce che diventa sempre più forte, tutti incollati alle poltrone a scrutare il finale. Anche in questo caso, ho forte il ricordo di Claude Lelouch (Bolero è stato uno dei suoi film più belli). L’ho incontrato a Parigi, una sera al Marais, seduto allo stesso ristorante mentre mangiava di fianco al mio tavolo. Da quando il cinema e il teatro hanno smesso di parlare alla gente comune? Ci ricordiamo che siamo fatti anche di ritualità sociali, di presenze e non solo di uno schermo digitale su cui rimanere incollati dalla mattina alla sera. Come tutti, anche i giovani hanno diverse passioni e interessi. Vedo sempre La Scala piena di ragazzi, e, quando sono stata al concerto di Paolo Conte, sono rimasta felicemente sorpresa nel notare quanti dei miei coetanei fossero là per ascoltare un mostro sacro della musica contemporanea.
Photo Martina Barberis ©