Chi ha paura di Arshile Gorky?

 di Maurizio barberis

Gorky l’esule, Gorky l’addolorato, Gorky tradito, Gorky che giocava a rimpiattino con la sua anima, l’uomo nuovo dell’arte americana, arte che ha sempre bisogno di sangue per vedere verità, questo Gorky, insomma, grande pittore e grande talento riaffiora periodicamente alla superficie delle acque stagnanti dell’arte del novecento, non foss’altro che per ricordarci che la grande pittura richiede sofferenza e dedizione assoluta. Uomo povero, immigrato in America dall’Armenia a sedici anni per sfuggire ai massacri che fecero piazza pulita di un intero popolo, sterminato in nome della compattezza etnico-religiosa della Turchia, dopo aver visto l’amatissima madre morire di stenti, attraversa l’oceano e si trova solo nel Grande Paese ad affrontare il sogno americano. A soli 25 anni è nominato docente alla Grand Central School of Art di New York, e diviene così amico di molti intellettuali e artisti della prima generazione dell’astrazione americana. E tra questi Willhelm De Koonig, con cui stringe un’amicizia fraterna. Viene considerato impropriamente il trait d’union tra surrealisti e espressionismo astratto, la prima vera grande stagione di arte made in USA. Quanto questo sia vero dovrebbe forse essere oggetto di  un’analisi più attenta. Di fatto Vostanik Adoian, in arte Gorky in omaggio allo scrittore russo, trova una sua vena originale solo a partire dal 1943 e sino alla sua morte, avvenuta nel 1948. Cinque anni pieni di straordinari capolavori, risultato e sintesi di una ricerca durata molti anni e che ha avuto molti padri ispiratori, e tra questi Cezanne, Picasso e Mirò. Ma qui ci piace ricordarlo per una serie di dipinti che rivelano una libertà espressiva priva dei classici condizionamenti operati dalla critica d’arte, una serie di opere molto personali e di grandissima qualità, tra cui primeggia il ritratto della madre. All’origine una piccola fotografia, strappata alle offese del tempo e della storia, che ci racconta del tenero rapporto che lega lui bambino alla sua famiglia. Per molti anni si dedica con passione alla costruzione del grande dipinto che costituisce di fatto il tentativo terapeutico di ricucire una ferita insanabile.

 Nel luglio del 1948, a seguito di una serie di disgrazie, non ultima il tradimento della moglie con il suo miglior amico e mentore, si toglie la vita nella sua casa di Sherman, nel Connecticut.

Fine del sogno americano. 


The Artist and His Mother, ca 1929-1942, oil on canvas, 60x50”Colle4ction National Gallery of Art, Washington D.C., Ailsa Mellon Bruce Fund

The Artist and His Mother, ca 1929-1942, oil on canvas, 60x50”

Colle4ction National Gallery of Art, Washington D.C., Ailsa Mellon Bruce Fund


Myself and Imaginery Wife 1930,Collection Hirshorn Museum und Sculptur Garden, Smithsonian Institution, Washington D.C.

Myself and Imaginery Wife 1930,

Collection Hirshorn Museum und Sculptur Garden, Smithsonian Institution, Washington D.C.


Self-Portrait, ca 1937, oil on canvas, 55 1/2x23 7/8”Private Collection

Self-Portrait, ca 1937, oil on canvas, 55 1/2x23 7/8”

Private Collection


Portrait of Master Bill. 1929-39, Oil on canvas, 52x39 1/2”Private Collection

Portrait of Master Bill. 1929-39, Oil on canvas, 52x39 1/2”

Private Collection


Portrait of Akko, ca 1937, Oil on canvas, 19 1/4x15”Private Collection

Portrait of Akko, ca 1937, Oil on canvas, 19 1/4x15”

Private Collection