‘Non opere fatte da me ma fatte di me’

di Andrea Schubert

La maschera che cela e la maschera che trasforma sono solo due dei tanti aspetti che assume un oggetto antico come l'uomo e diffuso in tutte le culture. Ma a questi due aspetti, e molti altri che per ora tralascerò, ne segue un altro che ne è il contrappasso: la maschera che rivela o svela. Lasciando quindi ad altri la trattazione dei sedimi in cui affondano le radici della parola che definisce questo multiforme oggetto che ho scoperto essere la maschera, mi trovo qui a trattare di quanto mi è più vicino, ovvero ciò che attiene al mondo delle arti figurative. Ciò che mi ha più colpito è l'apparente contraddizione che sussiste tra il celare, il trasformare e lo svelare, riferito a questo oggetto in relazione all'arte figurativa moderna. Pensando alla maschera mi viene in mente un autore in particolare, che la usa, a mio parere, per rivelarsi. Un’epifania che l’artista cerca di produrre nel pubblico attraverso il proprio trasformarsi per rivelarsi. Penso che per questo  possiamo parlare di uno svelare, rendere evidente, trasformando il corpo dell'artista.

Luigi Ontani, Napoleone, Museo Napoleonico

Luigi Ontani, Napoleone, Museo Napoleonico

Non potrei definirlo diversamente, guardando con occhio attento alle opere di Luigi Ontani e come le sue maschere non siano dovute alla volontà di celare, e neppure di  trasformare, bensì, più propriamente, a un proposito di rivelare o, meglio, rivelarsi. Rivelare, se ci si riferisce all'opera, rivelarsi se ci si riferisce all'artista (il che vedremo essere la stessa cosa). Un fatto del tutto naturale quando artista ed opera coincidono, come in Ontani, e come del resto è per tutti gli artisti, sebbene in misura più celata.  

Luigi Ontani, Alce eelce, pennello, foto seppia dipinta ad acquarello, 2000-2003

Luigi Ontani, Alce eelce, pennello, foto seppia dipinta ad acquarello, 2000-2003

Ontani, e lui come tanti altri, vuole rappresentare una cultura sciamanica mai del tutto sopita ne dimenticata. I suoi ritratti non vogliono essere semplicemente delle repliche di se stesso, della sua figura, ma rappresentano un allegorico fenomeno di reciproca transustanziazione: dell'artista nell’ opera, dell’opera nell’artista, ovvero l'artista che diventa l'opera d'arte fatta dell'artista stesso.

Luigi Ontani, Garibaldi

Luigi Ontani, Garibaldi

Per finire voglio condividere questa affermazione di Egon Schiele, che ebbe a dire a proposito del proprio lavoro: " non opere fatte da me, ma fatte di me" (E. Schiele, "Ritratto d'artista", Abscondita ed.). Personalmente non ho mai preso alla leggera questa frase, pur non volendo estenderla all’intero corpo dell’arte. Un tale paragone sarebbe forse un po' troppo blasfemo.

Luigi Ontani, AnderSennoSogno

Luigi Ontani, AnderSennoSogno

Ma anche volendosi limitare ai soli grandi ed immortali, sarebbe forse troppo feticistico nei confronti delle loro opere e pura idolatria nei confronti degli artisti. Lascio al mercato dell’arte questa sentenza, un compito che svolge egregiamente. Idolatria per gli artisti e feticismo per le loro opere, il tutto avvalorato da una misura legata al valore venale, che troppo spesso pare quello delle penne dell'arcangelo Gabriele che riempivano le Wunderkammer cinquecentesche, pagate molto più che a peso d'oro (le penne non pesano molto e le reliquie portate indietro dai crociati dovevano pur ricompensare i reduci delle fatiche e dei rischi sopportati).


Luigi Ontani, Mascheramirata, Bali, 2000

Luigi Ontani, Mascheramirata, Bali, 2000