E.1027*
Eileen molto prima, prima….
by Maurizio Barberis
E. per Eileen, 10 per J, 2 per B e 7 per G. La sigla di un amore, quello tra il giovane e brillante architetto rumeno, Jean Badovici, e la più matura e affermata, snobbissima, Eileen Gray.
Tre anni di lavori forzati su un rude scoglio a Cap san Martin, dormendo male, mangiando peggio, vivendo in completa solitudine, in simbiosi con il mare.
Questo il prezzo che Eileen pagò per la realizzazione del suo sogno, una casa come barca, pronta a salpare per lidi lontani, molto lontani.
Purtroppo il sogno non durò a lungo. La coppia si ruppe e il terreno con la casa rimase al giovane Badovici.
Badovici era anche amico di Janneret-le Corbu, che divenne ospite fisso della casa, innamorandosene al punto da trasformarla per lunghi periodi nel suo luogo prediletto di lavoro.
Alcuni dei principi costruttivi della casa diverranno poi il pilastro della poetica lecorbusieriana: i pilotis, il tetto praticabile, il living ‘open-planing’, le finestre a nastro etc..
E’ noto che i grandi maestri spesso prendono a prestito le fonti delle loro ispirazioni, troppo impegnati in p.r.. Non solo questo. Preso da foia creativa, riempì le candide pareti della casa di Eileen con suoi murali, otto mi pare.
Naturalmente la Gray, che aveva sputato sangue vivendo sul posto, mangiando sandwich e panini al prosciutto con le maestranze per tre anni, prese la cosa piuttosto male.
I muri bianchi, candidi, facevano parte di una poetica per lei irrinunciabile, e i disegni del maestro svizzero suonavano decisamente come un affronto alla sua personale Weltanshauung.
Così non rimise più piede a Cap san Martin, e l’imbarazzato Badovici fu costretto a chiedere al Pere Corbu di contenere la sua furia distruttiva.
Che si offese moltissimo. Così la casa rimase disabitata e il profeta del novecento si trasferì nella vicina pensione, l’Etoile du Mer, comprando lì un pezzetto di terreno che segnò il suo destino.
Una piccola casa, il Cabanon, e la sua morte, annegato in mare proprio davanti alla E.1017*.
Potenza delle maledizioni femminili.
Quando ho visitato al casa, e le immagini si riferiscono a quella gita, era ridotta a poco meno di un rudere, abitata da topi, tossici e coppiette selvagge. Poi, credo sia stata rimessa allo stato originale da un saggio intervento della comunità di Cap Martin. Visitabile su appuntamento. Ne valeva la pena? Tempus fugit…ma galantuomo.