Dell’arte della morte

di Maurizio Barberis

Una villa, un uomo, Francesco Federico Cerruti, una collezione d’arte. Tre ingredienti per un enigma.

Ho un ricordo di Torino legato alla Casa Museo di Carlo Mollino, quando il curatore Fulvio Ferrari chiacchierando un po’ fuori dagli schemi sosteneva che Mollino aveva creato quella casa, quel luogo, come una sorta di habitat post mortem, uno spazio dove la sua anima avrebbe soggiornato per l’eternità, per lo meno quel tanto che ne rimarrà al pianeta o alla città di Torino. Un vizio tutto torinese verrebbe da pensare, visitando questo strano neo-museo associato alla ‘Veneranda Fabbrica d’Arte Contemporanea’ del Castello di Rivoli.

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Cerruti, torinese d’hoc, fortunato inventore d’un sistema d’incollaggio di libri, tanto economico quanto resistente, collezionista spietato e intransigente, noto per la durezza delle trattative con i mercanti d’arte, accumula un patrimonio trasversale di opere, pioniere di quel metissage che tanta fortuna ha ai giorni nostri. Pittura, fotografia, design, bibliofilia, arti minori e, perché no, architettura, si caratterizzano essenzialmente per un assoluto disprezzo della storia e della successione temporale, nonché della nozione di progresso. Segno questo di un sottaciuto desiderio di immortalità di egiziana memoria. Come un faraone così anche il Cerruti, industriale d’altri tempi, costruisce la sua dimora eterna, segreta, che neppure gli amici più cari ne sono a conoscenza, allineata ad un unico parametro: l’estrema qualità delle opere lì accumulate. L’architettura: l’involucro esterno realizzato con un più che decoroso International Style con qualche virata neo-liberty, giusto per dare quella patina di anonimato necessaria a preservare la segretezza del loculo e gli interni, che cedono vistosamente ad un gusto borghesemente             neo-classico che fa a pugni con l’estrema qualità e raffinatezza delle opere, tra le quali il più bel Modigliani che mi sia capitato di vedere.

Al fine l’enigma rimane, chi fu Francesco Federico Cerruti, un mecenate o un misantropo?

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

“…Già a partire dal 1925, nelle lettere di D’Annunzio, all’architetto, emerge la pratica dell’occulto, continuata negli anni successivi: “ vorrei che la tua squisitissima chiave aprisse al fine in me quel Segreto che a me medesimo è segreto….Ti parlerò del Caldeo, pessimista verso il Comandante che ogni giorno muore, come voi tutti, ma immortalmente…. tu, esploratore del Mistero conosci i periodi umani del Niente? Oggi-come ieri-tutto è niente-come nella sentenza indiana…. Non ti rallegrare, non ti rattristare: tutto è niente……ho riletto anche i messaggi funebri. E, colpito da qualche baleno di dramma occulto, non oso chiederti la luce intera…”

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.

Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Photo Antonio Maniscalco.