La perduta fantasia

di Luca Violo

Nella contemporaneità il concetto d’arte è spesso associato a quel infinito intreccio di informazioni che spaziano dalla storia di prestigiosi committenti, a geniali artisti, a curiose e suggestive circostanze che hanno reso ancora più iconico un capolavoro, ai mutamenti del gusto che dall’oblio alla gloria hanno visto protagoniste le opere d’arte, dimenticando che, soprattutto per l’arte antica, l’unico approccio ai testi figurati è l’iconografia intesa come “il complesso dei motivi e dei criteri che distinguono e inquadrano l’immagine dal punto di vista culturale”.

Un giudizio equo e rispettoso del contesto storico, politico e sociale nel quale l’artista ha prodotto un’opera, deve mettere in rilievo gli argomenti che il talento ha reso espliciti nella forma ma dissimulati nella sostanza, ovvero in quel significato primo che, il mecenate prima e l’artista poi, volevano celare dietro l’artificio, per rivolgerlo con magniloquente sfoggio di erudizione ad una ristretta cerchia di iniziati capaci di decifrare il sottile intreccio di simboli che, come gli strati di una cipolla, si sovrapponevano a custodire un’idea, che per la sua trasparenza morale, era spesso invisa al costume corrente.

Con il depauperamento in questi ultimi decenni di una cultura classica che offriva un’ampia gamma di strumenti di interazione e decifrazione dei significati riposti, avvertiamo un’incapacità da parte della società odierna alla lettura simbolica dell’universo figurato, che per sua natura è imitazione illusoria e soggettiva della realtà. La scelta di un tema, dei personaggi dell’azione e di come questa si esplicita è una manifestazione della fantasia, che l’artista usa in forma simbolica in modo che l’idea plasmi la forma. Il simbolo è lo scrigno dell’idea, intesa come sintesi tra la genesi del pensiero e la sua trasfigurazione tangibile.

Con l’affermarsi del pensiero razionalista e illuminista, la lettura ‘traslata’ diviene esercizio erudito, poi divertissement cortese e infine arido simulacro di un vocabolario perduto. L’avvento poi del positivismo industriale ottocentesco e la frantumazione del pensiero filosofico del XX secolo hanno reso sempre più lontano il simbolo dalla percezione contemporanea. La nostra capacità di leggere oltre la realtà del visibile risulta ora più che mai atrofizzata e appiattita ad una percezione contingente che pare negare a priori una traslitterazione dei piani linguistici, come se il dato oggettivo meramente quotidiano fosse l’unica direzione dove volgere lo sguardo per cogliere il senso delle cose e l’essenza del pensiero.

Orazio nell’Ars Poetica asseriva che una percezione è possibile, in poesia come in pittura, dallo studio e dalla vena naturale, dall’ingegno e dell’arte che insieme amichevolmente si congiungono. Se solo potessimo cogliere un frammento di questa freschezza nel concepire con licenza poetica il verosimile del sogno e la natura tangibile dell’anima, allora avremmo ancora la fortuna di percorrere gli spazi della fantasia. 

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Luca della Robbia, Madonna col Bambino (Madonna genovese), terracotta invetriata e dorata, cm 49.5 x 36,8,

Detroit, Detroit Institute of Arts, City of Detroit Purchase, inv. 29.355 © The Bridgeman Art Library

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Tiziano Vecellio, Bacco e Arianna, olio su tela1520-3 cm175x190 © Nation Gallery, London

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Pietro Paolo Rubens, Ritratto della figlia Clara Serena, 1615 – 1616, olio su tela applicata su tavola, cm 33 x 26,3, Vienna, Palazzo Liechtenstein - The Princely Collections

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Diego Velázquez, Marte, 1641, olio su tela, cm 179 x 95 © Museo Nacional del Prado

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Édouard Manet, Ramo di peonie bianche e cesoie, 1864, olio su tela, cm 30, 5 x 46,5, Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

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Gerhard Richter, Betty, 1988, olio su tela, cm 102 x 72, Sant Louis Art Museum © 2014 Gerhard Richter