La Clemenza di Tito
A proposito del castello di Sneznik,
By Maurizio Barberis
Un piccolo castello in una posizione strategica, al confine tra la Slovenia e l’Italia, il Mons Albius o Krainer Schneeberg, circondato da folti boschi e abitato da una ricca selvaggina. Lupi, orsi, cinghiali cingono d’assedio il fossato di questa antica magione, proprietà, negli ultimi anni prima dell’avvento di Josip Broz (Tito) al governo della neo-repubblica jugoslava, di una delle più aristocratiche dinastie tedesca, quei principi Schoenburg-Waldenburg, famiglia a cui apparteneva la prinzess Sophia, destinata ad essere regina, per breve lasso di tempo, del regno di Albania.
Il castello fu risparmiato dalla guerra di liberazione e ne i tedeschi ne i partigiani di Tito osarono fare scempio dell’edificio e dei suoi preziosi arredi.
Ciononostante Il luogo è carico dei macabri ricordi della Clemenza di Tito, laddove i boschi, si dice, celano le fosse comuni di quanti cedettero all’avanzata partigiana e ne subirono poi la vendetta.
La Clemenza di Tito, appunto, Un’opera insolita nel repertorio mozartiano, commissionata dal maestro di cerimonie praghese Domenico Guardasoni al compositore viennese, adattando un vecchio libretto del Metastasio, per festeggiare l’incoronazione del nuovo imperatore, quel Leopoldo II che segnò un deciso cambio di passo nelle scelte culturali e non solo, del vecchio regime. Il buon Da Ponte venne defenestrato e dovette cercare altrove un impiego. Gli agganci non gli mancavano. Il Libretto fu rinfrescato dal nuovo poeta di corte, Caterino Mazzolà. La prima fu un flop, ma la storia, una storia di intrighi e tradimenti alla corte imperiale, è interessante.
Vede l’imperatore, il buon Tito, subire l’affronto di un doppio tradimento, prima quella della promessa sposa Vitellia, decisa a vendicare l’omicidio del padre, e poi quella dell’amico più fedele, Sesto. Scoperto l’intrigo, l’imperatore perdona, tra il giubilo delle genti romane.
Ma torniamo al castello. Anche Josip Broz, neo-imperatore della Repubblica Socialista di Jugoslavia, aveva una consorte, Jovanka, celebre per le sue performance caratteriali. Bastava uno sguardo storto per finire ospite della famigerata Isola Calva, paradiso per dissidenti antipatici.
Orbene Jovanka si dice fosse la longa mano di un caro amico di Josip, nientemeno che Il capo di tutti i servizi segreti del regime, ansioso di succedere al Nostro. Si mormora di un tentativo di golpe, probabilmente incoraggiato dal buon Stalin, che non vedeva di buon occhio questo dittatore da operetta. Scoperto l’intrigo anche Josip perdonò.
E’ noto che Tito aveva un debole per le belle case. E questa non fece eccezione. E alla bella Jovanka fu concesso, unica tra molti, di poter depredare parte degli arredi del castello per destinarli ad altra residenza. Più confortevole.
La Clemenza di Tito
“..Gli storici - massimamente i croati - imputano a Tito il massacro di Bleiburg e le stragi sommarie di decine di migliaia di domobranci sloveni, ustascia croati, e cetnici serbi nei mesi successivi alla fine della guerra. Oltre a questi, fu eliminato un numero imprecisato di oppositori del costituendo regime, tanto che si è detto che "alla prova dei fatti, dopo la sconfitta delle forze dell'Asse essere antifascisti ma filooccidentali esponeva a maggiori rischi che essere stati collaboratori dei fascisti
A Tito o all'apparato statale jugoslavo dominato dal Partito Comunista viene addossata la responsabilità per la repressione contro sacerdoti e membri della Chiesa ortodossa serba, della Chiesa cattolica e delle altre comunità cristiane nel periodo 1941-1948, che comprese anche una serie di omicidi a seguito soprattutto di accuse vere o presunte di collaborazionismo con gli ustascia e gli occupanti nazifascisti..
A Tito vengono imputate le persecuzioni contro i cominformisti successive al conflitto sovietico-jugoslavo del 1948, con l'incarcerazione di centinaia di migliaia di jugoslavi sospetti e l'apertura di una serie di campi di concentramento o di lavoro ove trovarono la morte migliaia di jugoslavi, fra i quali particolarmente noto quello di Goli Otok (Isola Calva)…”