Delle cose dell’anima nel mondo
di Maurizio Barberis
“La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno) può essere il tempo della nostra felicità. L’animale è morto o è quasi morto. Vivo tra forme luminose e vaghe che ancora non son tenebra
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J.Borges, dall’ Elogio dell’0mbra,
La vecchiaia è un tempo magnifico, dove vengono a frutto i semi sparsi nel corso della vita. La solitudine, un corollario della morte, l’ombra silenziosa che ci accompagna dal giorno in cui veniamo al mondo. Si dice che le cose che abbiamo amato possiedano, un istante prima di svanire, un momento di intensa bellezza, una sorta di shine che le fa brillare luminose prima che definitivamente si spengano.
Così è la vita che abbiamo, che negli anni finali riverbera come il sole un attimo prima del tramonto Così è la vecchiaia, che ci accoglie come un’ombra nell’ombra, una fedele amica con cui dobbiamo percorrere l’ultimo tratto della nostra esistenza, e dentro di lei brilla quest’ultima luce che ci mostra al mondo prima di spegnersi dentro di noi.
Cosa accada dopo solo alcuni fortunati, graziati dalla benevolenza divina, sono in grado di supporlo, ma certo non possono farne parola, che certi segreti appartengono solo a noi, ai nostri sogni, alle nostre veglie notturne, ispirate da un demone amico.
La vecchiaia rende più intensi certi piaceri. Come il condannato a morte assapora con gusto i cibi dell’ultimo pasto, così anche noi, mentre ci avviciniamo all’uscita, amiamo intensamente, più intensamente, ogni sapore che ci ricorda la vita. Così un libro amato, i versi del poeta preferito, le parole del mistico che ci consolano nell’ultima vez. Tutto questo ci incanta e ci dona speranza. Ci rende amici dell’ombra perché all’ombra appartiene ormai la nostra esistenza.
I sogni si fanno più veri, e il risveglio, alle prime luci dell’alba, ci sorprende stupiti, come se davvero il mondo non ci appartenesse più. Chiosa di un sogno, prolungamento della vera vita, al di là dell’orizzonte, sospesi tra il cielo e la terra, in quei luoghi dove incontriamo i nostri desideri, non più rivestiti della caricaturale angoscia che condividiamo con il giorno.
E’ tempo di consuntivi, e come bravi ragionieri dell’anima guardiamo ai quattro punti cardinali che hanno ispirato, nelle stagioni migliori, le straordinarie intuizioni che ci distraggono dalla retta via.
L’anima esulta, l’anima langue, l’anima sogna e l’orizzonte sembra sempre più lontano. Elogio dell’ombra, elogio della malattia, della cecità che incombe e addormenta il desiderio, lo anestetizza e ci rende sollievo. Finalmente possiamo riposare, possiamo ascoltare il silenzio, guardare nell’oscurità che ci circonda riuscendo a vedere qualcosa.
Qualcosa si muove nel buio, si ripete e si moltiplica, come un raggio di luce rifratto da un prisma, che ripete all’infinito la triste nenia della ‘leçon de ténèbres’.
“.. Posso infine scordare. Giungo al centro, alla mia chiave, all’algebra, al mio specchio. Presto saprò chi sono.”