L’oggetto identitario
Per la costruzione di un archetipo contemporaneo
di Patrizia Catalano
Nella nostra memoria esiste una categoria di oggetti che ci relazionano con un passato archetipico, dove il tempo presente si ricompone in un unico sguardo che ci accompagna per tutta la vita. Alcuni di questi fanno parte di un immaginario collettivo, stratificato, che condividiamo con le precedenti generazioni, il cui valore appartiene alla storia e in quanto tale ai singoli individui. Memoria come identità collettiva e personale. Attraverso gli oggetti si trasmette il senso di un’appartenenza, che il design più anonimo (contemporaneo) sembra voler negare. Le logiche legate al consumo e alla produzione impietosamente rifiutano, per proprio statuto, la possibilità che gli oggetti, più o meno utili, possano far parte della storia di ciascuno di noi. Ma poiché l’identità è un bisogno primario, come il cibo o la riproduzione, la memoria di cui si caricano gli oggetti d’affezione è diventata ormai una necessità collettiva di cui la nuova industria del design dovrà tener conto nel prossimo futuro. A ben vedere, tutti gli artefatti che hanno avuto maggior successo hanno utilizzato questa patina identitaria. Apparentemente questa categoria di oggetti che popola le nostre case sembra dare un valore nuovo alla nostra vita. Vita che entra in conflitto con un mondo fluido, in continua trasformazione, dove emergono nuove modelli residenziali e nuovi stili, il co-housing, il co-living, il co-working, il co-travelling e il co-driving, laddove il suffisso ‘co-‘ sembra annullare il bisogno di identità dei singoli individui. Gli oggetti ci devono aiutare a ricordare la nostra identità, la nostra appartenenza, le nostre radici adattandosi a nuove e più povere prospettive di vita. Un mondo che si orienta verso uno stile più nomade e flessibile richiede uno ‘zaino’ sempre più leggero. In questo mondo in cui la società si è trasformata e modificata a misura delle nuove tecnologie, come interagiscono gli oggetti ‘affettivi’ con la nostra memoria di appartenenza e soprattutto con l’habitat nel quale siamo costretti? Come adeguiamo prospettive identitarie a un sistema che sembra continuamente negarle? Si potrebbe quindi partire da una riflessione sulla trasformazione degli oggetti contemporanei in oggetti archetipici e identitari, una tassonomia di cose che attingano alla nostra storia ma che si proiettino nel futuro, che scaldino un quotidiano talvolta troppo attento alla sistematicità ma che ancora non ha delineato un pensiero progettuale in linea con le innovazioni del sistema. Tre valori si profilano all’orizzonte del compito progettuale: il valore d’uso, oggetti ad alta performatività come il mitico coltellino multi-funzione svizzero, il valore di memoria, ovvero la possibilità di personalizzare le proprie scelte ambientali caricandole dei nostri personali valori, il valore di scambio, ovvero la qualità dei materiali e della manifattura che possono rendere quest’oggetto un prezioso unicum.
Partendo quindi dal valore di memoria possiamo identificare tre categorie: l’Oggetto Nomade, come le Sculture da viaggio di Bruno Munari che si portavano in valigia, in grado di allestire i luoghi che temporaneamente si vanno ad abitare: casa, ufficio, albergo, l’Oggetto Rigenerato, come la lampada Toio, storico riassemblaggio di Achille Castiglioni, viene ripensato e reinterpretato per adattarsi a una nuova funzione. Infine l’Oggetto Modulo, che rivisita la tradizione della ‘flessibilità modulare’ lanciata dal Movimento Moderno, di lecorbuseriana memoria, per inserirsi nelle diverse tipologie del vivere quotidiano pubbliche e residenziali. La sfida che ci attende quindi è quella di progettare l’oggetto che ci accompagnerà sempre, che potrà risolvere il presente rispondendo alle attuali esigenze di un mondo nomade, l’oggetto che ci accompagnerà nel prossimo futuro grazie alla capacità di adattarsi, di riciclarsi e di trasformarsi nelle società che verranno.
In alto:
Sedia Thonet, il modello più noto, la n. 14 fu disegnata da Michael Thonet nel 1859, Gebrüder Thonet Vienna
Centrotavola in argento Murmansk di Ettore Sottsass, Collezione Memphis Milano, 1982, foto di Angelantonio Pariano
Poltrona pieghevole Trippolina per Citterio
Lampada Pipistrello, design Gae Aulenti per Martinelli Luce, 1965
Sotto:
Gae Aulenti con Pipistrello di Martinelli Luce (1967), foto di Ugo Mulas
Tavolo Leonardo di Achille Castiglioni per Zanotta, 1969
Lampada Toio di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Flos, 1962