Il paesaggio non mimetico come metafora estetica
di Andrea Schubert
Da Lilloni a Barberis: sul perché di questi due estremi presi come esempio è presto detto. Il primo deriva dal fatto che al momento sto producendo con il Comune di Milano una mostra di opere di Umberto Lilloni, artista noto per i suoi paesaggi, che ha come tema l'acqua e il valore simbolico che assume nei dipinti del maestro lombardo del secolo scorso.
Il secondo estremo è che per certi versi, da un po' di tempo sto seguendo le mosse di Maurizio Barberis e cercando di penetrare nel suo mondo visivo. Per entrambi gli artisti possono valere le parole di Bardi, scritte negli anni trenta a commento delle opere di Lilloni: ”...non conosciamo nessun dipinto del tutto verista o meglio riproduttivo. Si può dire che per Lilloni il vero è soltanto lo spunto essenziale, giacché al vero non aderisce con schiavitù, ma vi cerca la sua espressione poetica, e, detto con precisione, un'espressione puramente fantastica”.
Avendo visto di recente le mostre di Barberis tenutesi ad Andora e Soglio, sono sempre più convinto nell'attualità di questo concetto bardiano espresso quasi un secolo fa per un artista di formazione differente ed espressione del suo tempo.
Quello Zeitgheist che ha sempre guidato gli spiriti colti e sensibili, sempre diverso nella forma che assume nelle varie epoche ma sempre uguale nella sua essenza profonda.
Le forme dell'arte cambiano nella superficie, ma rimangono identiche nella sostanza di cui sono fatte: ovvero la sostanza con cui sono fatti i sogni, come ebbe a dire il Bardo nella chiosa de “La tempesta” e che, dopo Freud, risultano ancora più veritiere. Tornando a Bardi vediamo come il vero sia solo strumento per veicolare un contenuto. Quindi vediamo come il paesaggio debba essere visto nel ruolo di portatore di significato estetico ed emozionale. Probabilmente questo fatto si estende ad una platea molto vasta di artisti, magari non proprio a tutti, ma è importante tenerlo bene a mente.
“Questo non è un paesaggio” potremmo titolare così, parafrasando Magritte e la sua pipa, oppure citare Lao Tsu quando scrive nel suo “Tao te ching” che il Tao di cui si parla non è il Tao. Così è per i lavori di Barberis. I suoi monti o i suoi oggetti, così come le sue sculture, altro non sono che supporti. fisici della sua poetica artistica, anche se resi materiali dalla mano dell'uomo, restano sempre della materia con cui sono fatti i sogni. Per capirlo ci vuole un po' di tempo. Bisogna arrendersi e rimanere silenziosi, immersi e circondati da queste opere, ma poi, alla fine, con un po' di pazienza, l'emozione arriva.