François-Xavier Lalanne e il Rhinocrétaire
di Patrizia Catalano
Indubbiamente fa un certo effetto leggere che la prima grande scultura di François-Xavier Lalanne Rhinocrétaire I, esposta nel 1964 alla Galerie J. – il presidio di Jeanine e Pierre Restany per l’affermazione del Noveau Réalisme – considerata l’opera più importante dell’artista, è stata battuta in un’asta unica a lui dedicata il 20 ottobre 2023 da Christe’s a Parigi a una cifra inaspettata: stimata 4-6 milioni di euro è stata venduta al prezzo record di 18,3 milioni di euro.
Si tratta di una vera e propria escalation quella delle opere di questo artista visionario: era il novembre del 2019 quando il Grand Mouflon de Pauline, mobile bar realizzato in bronzo dorato patinato, alpacca e interno dipinto era stato battuto in asta sempre a Parigi alla ‘modica’ cifra 2.412.500 di euro nel 2021 invece fu la volta del Leopard I, firmato insieme alla moglie Claude (2005, ed. 5 / 8) che fu venduto a 9.610.569 dollari da Sotheby’s in un’asta organizzata ancora una volta nella capitale francese.
Il Rhinocrétaire è considerato un’opera di grande valore perché segna la traettoria che sarà perseguita da François-Xavier Lalanne per tutta la vita: il meraviglioso corpo corazzato rinoceronte che gioca sul confine tra la scultura e il design è un vero e proprio secretaire (tema classico delle arti decorative francesi quello dei mobili con scomparti segreti) che accoglie al suo interno un ufficio segreto con tanto di scrivania, bar, cassaforte e delle lampade.
Del resto il rinoceronte è forse il pachiderma più rappresentato e amato nella storia dell’arte: a partire dalle xilografie di Albrect Dürer, che lo rappresentò agli inizi del ‘500 quando il primo esemplare approdò in Europa portato dal re portoghese Manuele I che ne fece dono al papa Leone X imbarcandolo su una nave che salpò per Genova per poi procede via terra in direzione di Roma. Nonostante la perfezione dei disegni l’artista tedesco non vide mai l’animale dal vero. Il ‘suo’ rinoceronte andava oltre la semplice descrizione dell’animale.
Nel suo Rhinocerus datato 1515, Dürer lo rappresentò ben piantato su solide zampe decorate con squame molto simili a quelle di un rettile e rivestito da una corazza a strati che ricordava quella delle armature dei cavalieri dell’epoca, decorata con motivi geometrici di forma circolare, con un corno sul dorso, - inesistente nei veri rinoceronti - ma che l’artista inserì comunque nella sua raffigurazione. E se nella rappresentazione di Roberto Longhi del 1751 il rinoceronte appare con maggior naturalezza mentre si nutre di biada, sarà il visionario Salvador Dalì a riproporlo.
L’artista spagnolo nutrì forte interesse per la figura del rinoceronte. Nella casa d'infanzia di Salvador Dalí, appesa ad una parete, vi era una stampa incorniciata della xilografia Rhinocerus del Dürer. Aveva appena nove anni, quando iniziò il suo delirio attorno alla figura del rinoceronte. Dalì sosteneva che nel suo corno fosse racchiusa la spirale logaritmica ideale, la forma più perfetta presente nella natura. A tal proposito, Dalí disse che le corna del rinoceronte erano “le uniche nel regno animale costruite secondo una perfetta spirale logaritmica”. (Dalí citato in H. Finkelstein, The Collected Writings of Salvador Dalí, Cambridge, 1998). A partire dagli anni ’50, il rinoceronte divenne per l’artista catalano l’animale ispiratore delle sue opere e fondò la sua nuova rivista chiamata “Rhinoceros”, con l’obiettivo di trattare temi teologici, estetici, morali e scientifici.
Proprio come aveva fatto l’artista tedesco nella sua celebre incisione e per certi versi Dalì, anche François Lalanne sacrificò il mimetismo in favore di una marcata espressività, perlopiù dettata dall’utilizzo del metallo.