Ein Traumgedicht
...pourquoi
l’après-midi d’un faune?…
di Carlo Biasia
Esiste un momento preciso, identificabile in uno spazio esatto, un “eterno istante” nel quale il lavoro di Maurizio Barberis può essere codificato? E’ quell’istante in cui le forme del paesaggio si uniscono in maniera alchemica alle forme di una mitopoiesi enigmatica, e il tempo diventa il limite primo, utile a “svelare” l’opera nel suo divenire storico.
Semplicistico e fin troppo semplice sarebbe pensare il “corpus” dell’opera, le fotografie, i disegni e le sculture come una forma espressiva tardo novecentesca, che “guarda” il nuovo millennio in modo analogico come un semplice omaggio a Giovanni Segantini. Quest’opera non vuole essere una citazione, e neppure un tributo.
Dizionario di sintesi:
Analogia: codice di attitudine dell’autore per assimilare forme, produrre sintesi di idee e contenuti.
Analogia come strumento per tradurre l’opera in Tecnica.
Analogia quale atteggiamento compositivo generatore dell’Opera stessa.
Il pensiero incontra il Mito; le intenzioni smettono di essere buone e la composizione lascia spazio all’immaginario: un “magnifico immaginifico" fatto di icone mitologiche, forme-paesaggio di vago sapore ottocentesco, segni e disegni di stampo espressionista. La Danza dei Fauni, la Forma-Paesaggio e la Visione Panica sono il fil-rouge della mostra, e si concretizzano in una installazione “totale" nella Casetta e nel Giardino di Palazzo Salis.
Tema assoluto di questa mostra è dunque il Paesaggio ovvero la forma in cui il mondo rappresentato “non si dà più come altrove, ma come posto sullo stesso piano, integrato, nel gioco sottile della rappresentazione, che prima fu figura e successivamente immagine, postulando l’idea di un soggetto cosciente (anima) come infinito ontologico” (Barberis). Il metodo “spiritualista” è la forma prima di pensiero attraverso cui l’autore forma la rappresentazione di un mito che si genera e si rigenera di per se stesso.
Architetto di formazione (ha studiato a Venezia), pittore-scultore e fotografo per vocazione, Maurizio Barberis vive e lavora a Milano in via Cesare Correnti. Il suo studio, a quanto riportano le cronache, è forse la soffitta in cui il giovane Segantini, bimbo, si rifugiava, quando scappava dal suo piccolo carcere, l’Istituto Marchiondi, che aveva sede a poche centinaia di metri, in via Quadronno.
Il luogo di questa mostra, per forzosa casualità (ma in questo momento il caso non è altro che una forma di miracolo che si manifesta in forma anonima) è il rifugio estivo dell’affermato Segantini che trovò ristoro in questi spazi, prima di morire prematuramente di peritonite a Pontresina nel 1899.