L’immagine negata

di Maurizio Barberis

A proposito della mostra

Who’s Who

Maggio-Giugno 2023

Staley-Wise Gallery

“ Soltanto all’uomo questa immagine rivela la sua significazione mortale e, ad un tempo, di morte; ch’egli esiste. Ma quest’immagine non gli è data come immagine dell’altro, cioè gli è sottratta...” (Jacques Lacan)

Herb Ritts “Just let the wardrobe do the acting.”

Sottrarsi al ritratto, sottrarsi allo specchio, sottrarsi al Narciso che domina incontrastato il crocevia delle nostre ambizioni, del nostro essere nel mondo. Sottrarsi all’idea di morte che l’immagine allo specchio (alias fotografia) ci rimanda. Noi siamo quello, quello siamo noi?

Jack Robinson, “I always had long legs. When I was young, I used to think, ‘Why do I look like a little pony?’”

Quanti Io si riflettono dunque nel gioco speculare dell’immagine riflessa? Fiumi d’inchiostro hanno analizzato la scena finale della Signora di Shanghai (Orson Welles), la celeberrima sequenza degli specchi al Luna Park, dove alla frammentazione continua dell’immagine riflessa dei due protagonisti corrisponde, come in un manuale di psicanalisi, la morte di entrambi. Fotografie come specchi? Ma l’immagine fotografica non è uno specchio, poiché presuppone un terzo osservatore, ovvero colui che materialmente realizza lo scatto. Così alla visione dell’Io che si contempla in un’immagine che annuncia la sua condizione mortale, si sovrappone l’ingenua illusione di un’innocenza narcisistica, un’illusione di immortalità, nel gioco di rifrazioni che include lo sguardo criticamente attivo del fotografo.

Peggy Sirota “I'm one of those people you hate because of genetics. It's the truth.”

Rimane ancora, in questo gesto estremo, del negarsi affermandosi, un lacerto di identità? Se si, questo non è più affidato all’Io riflesso, bensì ai suoi attributi, quelli che lo identificano sul palcoscenico dell’immortalità mondana, che certificano la sua appartenenza all’empireo divino del successo. Come nel vaso di fiori rovesciato (ancora Lacan) non è il vaso che ne determina l’apparentamento semantico, eterno, bensì  l’attributo effimero dei fiori. Ancora un gioco di specchi, ma questa volta per sfuggire alla morte, un’immagine negata, un’icona iconoclasta. 

Anton Perich “My idea of a good picture is one that's in focus and of a famous person.”

Un vecchio film di Roberto Rossellini, La macchina ammazza cattivi, racconta la storia di un fotografo della provincia di Napoli, che vive in un piccolo paese popolato di anime perse. Un bel giorno lo va a trovare uno strano vecchio che gli fa un dono. Ovvero trasforma la sua vetusta macchina fotografica, un banco ottico in legno per il grande formato usato per fare ritratti di famiglia, matrimoni e altri eventi, in una poderosa macchina da guerra. Basterà posizionare il ritratto fotografico di chi si vuole eliminare, il cattivo di turno, davanti all’obiettivo, premere l’otturatore ed ecco il gioco è fatto. Il malvagio rimane pietrificato nella posa in cui era al momento dello scatto. Così mezzo paese passa a miglior vita. Ma il buon fotografo si pente e il vecchio signore ritorna rivelando la sua vera identità, il diavolo. Ma un buon diavolo, poiché rinuncia all’immortalità, pur di aiutare il povero fotografo a ritrovare la pace dell’anima restituendo al paese le sue anime perse. Amen.

Dal comunicato stampa della galleria

“ Celebrities are instantly recognizable - or are they?

In this exhibition the viewer is challenged to identify who the celebrity is in the photograph. Some are readily known by hair, hands, clothing, and posture. Some others are not so easy. Perhaps that’s where the fun comes in, and perhaps the real person emerges.

Sometimes, the element of disguise or concealment is a collaboration between artist and subject and reveals just as much as it hides. Ellen von Unwerth’s photograph of Lady Gaga illustrates this. Elvis Presley’s gait, Roy Lichtenstein’s paintbrush, and Michael Jordan’s heroic stature are also represented in images by Alfred Wertheimer, Abe Frajndlich, and Herb Ritts. Each image tells us something about its subject while being far from the traditional portrait.

Many of the works in the exhibition also isolate the characteristics and gestures which identify icons of entertainment, politics, and art – from Louis Armstrong’s lips and Elizabeth Taylor’s diamonds, to Marlene Dietrich’s endless legs to the weight of history on Martin Luther King’s shoulders. If eyes are windows to the soul, then Peggy Sirota’s and Phil Stern’s photographs of Brad Pitt and James Dean embody this.

Some of these famous personalities are easily known by just a fraction of the face – or even just a silhouette. Some may be impossible to guess. Finding out the unguessable subject is also part of the fun. “

Daniel Kramer “Someone showed me a picture and I just laughed, dignity ain’t never been photographed.”