Horror vacui ovvero la tessera mancante
Il collezionista, la collezione e la sua dimora
di Andrea Schubert
Tracciare un punto di vista sul collezionare e le relazioni che in questo fare umano si innescano tra soggetti può portare a tante analisi e forme d’osservazione. Una di queste forme d’osservazione potrebbe essere quella di individuare le dinamiche intercorrenti tra i soggetti in gioco. Il primo soggetto è il collezionista che nel suo horror vacui personale è perennemente alla ricerca della tessera mancante che gli permetta di completare il proprio progetto e dare senso compiuto all’opera collezionistica che ha in mente. Una ricerca comunque vana, considerando i gradi di libertà che il percorso intrapreso necessariamente ha. Da qui il suo destino, destinato alla perenne insoddisfazione (che forse è perversamente la propria gioia) in quanto ogni tessera che viene a trovare, pur colmando una lacuna e dandogli momentanea gioia, lo apre a nuovi scenari scatenando nuovi appetiti. Così la tessera appena trovata risulta essere una apertura verso nuove altre ipotesi di percorsi fino a quel momento impensate. Questo meccanismo retroattivo lo conduce ad una apparente bulimia intellettuale inappagabile.
Ma quale è il suo intento, più o meno conscio, se non crearsi un mondo in cui riconoscersi e in cui immedesimarsi e soprattutto vivere? Vivere in un processo infinito di rispecchiamenti in cui il collezionista costruisce il proprio ambiente, che plasma con le sue opere, e l’ambiente da lui costruito che a sua volta lo plasma dandogli nuova forma, nuova linfa vitale per procedere nell’accumulazione ed ordinamento delle relazioni tra le opere da lui collezionate.
Ed è proprio l’ambiente, secondo attore nel processo collezionistico, a giocare un ruolo cruciale. Nella sua casa infatti questo processo si innesca tra i vari elementi. La casa diventa il crogiuolo dove gli elementi si amalgamano. Lo spazio si riempie e si trasforma, e in questo quadro di riferimento la casa diventa il luogo che appartiene al collezionista e a cui il collezionista appartiene come la collezione stessa appartiene al luogo ed alla persona. Un luogo in cui osservatore ed osservato si trovano a giacere sullo stesso piano, ponendo collezionista e collezione in una condizione olistica che tutto racchiude. Contenitore (casa) contenuto (collezione) e collezionista sono un unico corpo con organi esterni (le opere) che ne completano la psiche. La collezione per il collezionista non è un “altro da sé” ma è una estensione del sé. Una identificazione catartica con le opere possedute, tante o poche che siano non importa. Non importa il loro numero ma l’intensità del desiderio con cui si sono acquisite, o meglio conquistate, o meglio assimilate. Il tutto collocato nel luogo che ne assorbe l’aura, la digerisce e la restituisce amplificata contribuendo alla sua crescita smisurata. La dimora del collezionista si dimostra essere un amplificatore d’auraticità per la collezione, così come si è vista la collezione essere amplificatore d’auraticità per la singola opera.