Moritz von Barth

Il Paesaggio Necessario

Segno-Paesaggio/Figura-Paesaggio

Leggere il paesaggio, immaginare il paesaggio

“...È cominciato come un’abitudine, è diventato come una natura, poi come il mio destino. Scendo con i gorghi e risalgo con i gorghi. Obbedisco ai movimenti dell’acqua, non alla mia volontà. Per questo riesco a nuotare così agilmente nell’acqua ...

Sono nato tra queste colline e qui ho vissuto piacevolmente; questa è l’abitudine; sono cresciuto nell’acqua e mi ci trovo a mio agio, questa è la natura. Nuoto così senza saper come, questo è il destino...”

Attraverso l’immagine di paesaggio la percezione della natura diventa manifestazione di un assoluto, laddove la figura trascende il segno nel rapporto con la sua stessa materialità, divenendo concetto, idea. Il paesaggio pittorico diviene partner di una relazione tra soggetto percipiente ed oggetto percepito, laddove, attraverso il concetto di superficie assoluta, percipiente e percepito divengono una cosa sola: io sono nel paesaggio, io sono il paesaggio, il paesaggio è in me, il paesaggio è me, definendo così la mia appartenenza al mondo, il mio essere nel mondo.

Attraverso la messa in scena del paesaggio, al sua trasformazione in figura, si delinea l’appartenenza di queste due polarità, l’io e il mondo, ad un’unica realtà spirituale. Il paesaggio diviene dunque uno Spazio Naturale, come percezione-sensazione- ricordo di un Tempo Naturale dove pittura, fotografia e architettura si collocano come mediatori tra sentimento cosmico e ragione di natura.

L’atto del descrivere-rappresentare-progettare si trasforma così in un artefatto letterario, nell’espressione
di una Stimmung plasmata dalla nostra coscienza, come chi, sensibile in gioventù alle seduzioni della Geografia,
ha trasformato il Segno topografico in Figura, nel gioco immaginale di una terra incognita, nel sogno di evasioni paradisiache in terre lontane.

Nell’Imago di un possibile Pardes: an Altereted light in a Wasteland.