IL MERCANTE IN FIERA

di Martina Barberis Casagrande

Il mediterraneo e i suoi mercati, luoghi di scambio per eccellenza, dalle origini antichissime. Ortaggi ma anche spezie, profumi, sete, tessuti sono solo alcuni dei prodotti che là furono venduti sin dagli inizi. 

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E oggi? Il mercato viene spesso valorizzato attraverso diverse forme architettoniche: tra gli esempi più concreti, il Mercato Centrale di Firenze, un vero gioiello dove tutti i “bottegai” o gli artigiani espongono le loro merci. Progettato da Giuseppe Mengoni nel 1874 utilizzando materiali come ferro, vetro, ghisa, l’edificio si ispira alle Halles di Parigi, un mercato di vendita all’ingrosso di prodotti alimentari e principale ambientazione de Il Ventre di Parigi di Emile Zola. Altro esempio interessante, il Mercado de Santa Caterina a Barcellona, progettato dagli architetti Enric Miralles e Benedetta Tagliabue che, per quel luogo, si sono ispirati anche ai trencadís di Gaudí, dei mosaici ottenuti unendo pezzi di ceramica, tipici appunto dell’architettura catalana. 

Esistono i mercati rionali, come quelli che ho scoperto a Madrid, oppure i mercati all’aperto che vendono ortaggi, oggetti di antiquariato, libri etc. Mi ricordo che da bambina andavo spessissimo con mio padre a Parigi in un mercato etnico che vendeva tutti gli oggetti e i cibi più particolari. Un paradiso, mi capitava di vedere persone vestite nella maniera più strana, folkloristica e artistica, non mi dispiaceva affatto, anzi. Ero curiosa. Architetti, artisti, designer, chi non ha mai usato i mercati come fonti di ispirazione? 

©  by Henry Thoreau

© by Henry Thoreau

Il mercato è il luogo dove ci si espone di più, dove si vede e si è visti e dove si possono capire molte abitudini di una società. Il mercato mediterraneo è il primo luogo dove saltano all’occhio le tradizioni del posto ma anche dove osservare i volti delle persone: quelle che urlano, che ti guardano strano o con cui fai chiacchiere mentre aspetti il tuo turno.  

I primi mercati in Grecia furono nelle Agorà e a Roma nei Forum (forum piscatorium, olitorium, vinarium…), poi quelli Rinascimentali. L’architettura del Rinascimento permise spesso ai mercati di svilupparsi attorno alla forma monumentale dei loggiati che avevano funzione pubblica e ornamentale. Si diffusero quindi mercati sia all’aperto che al coperto, legati alla vita di quartiere. Non solo cibarie ma anche oggetti, stoffe e profumi. 

© by Henry Thoreau

© by Henry Thoreau

© by Henry Thoreau

© by Henry Thoreau

 Mi interessava il punto di vista di due giovani umaniste a cui ho chiesto un piccolo approfondimento scritto di questo tema in base alle loro esperienze e ai loro interessi.

 Michela Davo (ASERI, Middle Eastern Studies, specializzazione in Islamic Philosophy), approfondisce gli antichi mercati siciliani e le sue diverse influenze culturali, da quella greca a quella araba:

Vucciria di Renato Guttuso

Vucciria di Renato Guttuso

“Quando gli chiesero di rievocare la sua consuetudine con Guttuso, Andrea Camilleri non volle descrivere la Vucciria, preferì raccontarla. L’aveva conosciuta da giovane studente universitario, a partire dal 1944; all’epoca, avvolti dall’aroma del pani câ meusa, era ancora possibile imbattersi nel negozio privo d’insegna di don Jachino, specializzato in vendita di refurtive. Il titolo del racconto che ne nacque, La Ripetizione, è in certo senso immagine e somiglianza del mercato medesimo, organismo in continuo divenire eppure sempre identico a sé stesso, ove volti e storie si incontrano, si passano accanto e, talvolta, si intrecciano tra loro. La vicenda è ambientata negli anni dell’Inquisizione, ma le radici e le evoluzioni del mercato nel Mediterraneo sono ben più antiche e la Sicilia le conosce da sempre. L’eredità magnogreca si riflesse nella riproposizione dell’agorà, il cui mercato si trovava nella stessa piazza dei centri religiosi e di potere, ponendo la società in prossimità e in dialogo con l’economia, la politica e la fede. La successiva invasione araba introdusse, invece, l’architettura del suq, un mercato idealmente alle porte della città, che tenesse lontano il vociare dei commercianti e i profumi inebrianti delle spezie dal silenzio della Moschea e del Palazzo. È evidente che queste due forme del mercato abbiano tradotto in architettura sistemi di pensiero, anche di tipo economico, propri di due civiltà che, inevitabilmente, si sono influenzate a vicenda. Dello splendore di quei luoghi antichi e della storia della loro comunione, oggi ai nostri occhi resta vivo, anzitutto, il ricordo, dipinto in una vita giovane e notturna tra Ballarò e le altre vie, forse null’altro se non il nuovo volto del mercato, la cui fine è rimandata a quannu e balati ra Vucciria s'asciucanu [quando i pavimenti della Vucciria si asciugheranno]”. 

Eloisa Zendali, studiosa di lingue, approfondisce invece il tema delle fiere del XII/XXIII secolo ai tempi dei primi Champagne:

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“Esplose come fenomeno internazionale durante il XII e XIII secolo, le fiere si svolgevano principalmente in grosse città della Francia, dell’Inghilterra e delle Fiandre sotto la protezione e l’autorità dei nobili locali. Una delle più belle e famose del tempo si teneva ogni anno sotto il patrocinato dei conti dello Champagne. Attorno alle città di Troyes, Saint Ayoul, Lagny e Bar-sur-Aube vi era un tale giro economico che i conti si offrivano persino di proteggere i mercanti in viaggio da ogni parte del mondo conosciuto. Dalla Svizzera al Portogallo, dalla Scandinavia all’isola di Cipro, dalla Russia all’Egitto, non c’era commerciante che rinunciasse all’occasione di fare affari in quello che fino al XV secolo fu il perno degli itinerari commerciali europei. La varietà e la qualità delle merci esposte era incredibile: seta, lino e cotone non filato dall’Italia, la celebre pelle di Cordoba importata dalla Spagna, gioielli e spezie provenienti dall’Oriente, cavalli e senza dubbio le specialità della casa: i formaggi e l’iconico vino della regione dello Champagne. La reputazione internazionale di quest’ultimo era già solidissima, sebbene non si trattasse ancora di quello Champagne con cui oggi celebriamo i nostri momenti più belli (per le bollicine più famose del mondo dovremo infatti aspettare Dom Pérignon e il XVII secolo). 

I vini fermi della zona erano molto apprezzati a Parigi con la designazione di Vins de la RivièreVins de la Montagne – ‘vini del fiume’ e ‘vini della montagna’, in riferimento al terreno boscoso e al fiume Marna che, sboccando nella Senna, portava le preziose bottiglie fino alla capitale. 

Man mano che la reputazione della regione cresceva, i papi e le famiglie reali di tutta Europa cominciarono ad affannarsi per mettere le mani sulle sorgenti di tanta delizia: Papa Leone X, Francesco I di Francia, Carlo V di Spagna ed Enrico VIII d'Inghilterra erano tutti registrati come proprietari di terreni da vigneto. Una partita di vino di Aÿ ricevuta nel 1518 dal cancelliere di Enrico VIII fu la prima esportazione registrata di vino dalla regione dello Champagne all’Inghilterra”.

  

Nuovi punti di vista, che ruolo svolgerà il mercato in futuro? Come si strutturerà? 

Benedetta Tagliabue, architetto di fama internazionale che vive a Barcellona, chiedo curiosamente a quali tradizioni si è ispirata per il Mercado di Santa Caterina a Barcellona e come pensa debbano essere i mercati in futuro nelle città. 

© by Henry Thoreau

© by Henry Thoreau

“Per quel progetto non c’è stata un’unica ispirazione, abbiamo cercato di capire come funzionavano i mercati di Barcellona, quasi tutti dell’800. I mercati all’aperto occupano uno spazio pubblico che viene vissuto e abitato e a noi interessava che questo edificio coperto avesse la stessa funzione e vitalità, che diventasse il prolungamento di quello pubblico. La pietra utilizzata all’interno dell’edificio è la stessa che viene di solito adoperata all’esterno e l’idea del tetto colorato che diventa visibile perché fuoriesce, permette di attrarre e incuriosire i cittadini e di avere un mercato caldo, caliente, un luogo caliente per rendere anche l’esterno più vivo. Questo mercato ha infatti anche un ruolo notevole per il quartiere, avendo una funzione urbana importantissima. Ci siamo infatti occupati non solo dell’edificio ma anche dello spazio intorno, dal momento che la zona era una delle più pericolose della città. Quindi il mercato aveva il ‘compito’ di riqualificare il quartiere.

© by Henry Thoreau

© by Henry Thoreau

Il mercato in catalano si dice ‘plaza’, è il luogo in cui tutti si ritrovano e dove nella comunità si instaurano delle forti relazioni. I mercati vanno poi pensati nel loro contesto, sono parte movimentata della città, sono una piazza, un luogo centrale non solo per comprare ma anche per trovarsi. La particolarità del mercato è quella di avere piccoli commercianti radunati tutti insieme che vendono alimenti e oggetti locali, non è un supermercato, sono in tanti e offrono cose diverse. Si forma così una relazione personale tra il cliente e il commerciante, si instaura una rapporto, una comunità in cui si viene riconosciuti, c’è da augurarsi che questa pratica antichissima, pur rinnovandosi e tenendo conto delle nuove tematiche da affrontare, funzioni anche in futuro”.

Chiedo un approfondimento all’Assessore all'Urbanistica di Firenze, Cecilia Del Re, sul Mercato Centrale della città. Quale svolta ha dato il Mercato Centrale a Firenze? È effettivamente un punto di riferimento? Come saranno i mercati in futuro dal un punto di vista urbanistico?

“Il Mercato Centrale è un intervento che ha consentito di restituire alla città un'ideale piazza alimentare, riqualificando uno spazio importante e vitale nel cuore di Firenze. Il primo piano della grande struttura inaugurata quasi 150 anni fa è stato infatti recuperato per diventare, grazie a una sinergia pubblico privata, il tempio di una città che vuole e deve puntare sempre più sulla cultura del cibo e su un turismo attento al territorio. Lo spazio del Mercato Centrale è diventato davvero un punto di riferimento per i cittadini.

La pandemia ci ha dimostrato come sia sempre più urgente ripensare le nostre città da un punto di vista urbanistico. Questo significa ripensare l’organizzazione e la distribuzione delle funzioni, sia pubbliche che private. Il mercato è sempre stato fulcro della vita collettiva ma ha subito nel tempo un’erosione di centralità a vantaggio di sistemi esterni in grado di coniugare esigenze più diverse. Nel nuovo scenario è necessario riproporre la natura originaria dei mercati cittadini come creatori e propulsori di piccoli nuclei in collegamento tra loro e con il sistema centrale della città attraverso una rete di infrastrutture pensate per la mobilità sostenibile e la tutela dell’ambiente”.