L’oggetto estremo in cerca di compagnia occasionale
di Andrea Schubert
L’invito a parlare del celibato degli oggetti mi arriva tra capo e collo all’inizio dell’estate quando tutto langue nella calura milanese. Non posso quindi che riflettere sul termine contrario per iniziare a ragionare a ruota libera sulla sua natura celibe: ovvero l’oggetto coniugato. Ma, coniugato a cosa se non la funzione che lo ha generato nella mente del progettista e del suo costruttore? E la natura celibe dell’oggetto quali caratteristiche comporta? Le “macchine celibi”, da cui il termine è mutuato, avevano caratteristicha di produrre tutte la stessa cosa: emozioni. Non erano infatti macchine atte a produrre beni materiali, corpi meccanici, intesi come quello che nella disciplina giuridica viene definito “corpus mechanicum”, o supporto fisico distinto dal “corpus mysticum”, che è il contenuto immateriale creativo. Queste macchine creavano solo stati d’animo, emozioni, pura estetica immateriale. Pertanto l’oggetto celibe, a mio modo di vedere, risulta essere quell’oggetto che non deriva dalla funzione per prendere una forma, ma tutt’al più ne mantiene traccia di questa funzione, come noi, esseri umani, nell’ambito della nostra evoluzione, teniamo traccia della coda dei primati, da cui discendiamo, nelle ultime vertebre del coccige.
L’oggetto celibe potrebbe essere un oggetto fluido nella sua coniugazione con una funzione; una funzione che comunque può essere propria “more uxorio” o impropriamente definita dall’utilizzatore a proprio estro. Ma che questa funzione sia propria, pensata a priori o meno, la forma dell’oggetto (corpus mechanicum) ne è indipendente. Una indipendenza dalla sudditanza funzione-forma in quanto oggetto concepito solo per il suo valore immateriale atto a soddisfare la sua vera funzione primaria emozionale e sensoriale. Che l’oggetto sia completamente promiscuo, o che alle volte si lasci concupire, suo malgrado, da una funzione impropria o propria che sia, poco importa. Alle volte che questo avvenga per retaggio ancestrale, perso nell’evoluzione della sua specie o che alle volte avvenga per convivenza “more uxorio” dovuta ad esigenze di mercato, poco importa. L’oggetto celibe trova la propria natura in un ambito artistico che pervade, o intende pervadere, il vivere quotidiano occupando uno spazio fisico nell’ambiente domestico.
Pensando a quanto dovevo dire sulla natura celibe di un certo design, non posso che ripescare dalla memoria ancestrale e personale quanto fatto nella mia missione di divulgatore d’arte. Dalla memoria ancestrale, ripenso alla mostra fatta da mio padre a Mendini e ai suoi “oggetti teatranti”, dalla memoria personale ripenso alle mie prime curatele che confluirono nella mostra “Gli artisti ed il valore d’uso”. Questa mostra era il frutto di un’indagine sulle peculiarità di un convergere verso un certo punto, partendo dall’arte piuttosto che dal design. Nella seconda metà degli anni ottanta molti designer indagavano e si proiettavano verso un fare artistico cercando forme che perdendo di funzionalità si arricchissero di emozionalità, così come molti artisti, a volte sollecitati dall’industria, si cimentavano a dare una funzione alle loro opere, pur mantenendo una loro specifica caratteristica estetica.
Ritrovare questo tema oggi, mi spinge a riflettere sull’eterna battaglia tra ragione ed emozione. Forse un nuovo modo di concepire il rapporto e l’equilibrio tra sentimento e forma teorizzato da Susanne K. Langer estrapolandolo dal suo contesto originario di pensiero e proiettandolo in questa nuova veste di ragionamento. Se poi pensiamo come l’estremizzazione possa servire a provocare una evoluzione del gusto (si pensi a quelle sfilate di abiti poco probabili da indossare in una vita reale), vediamo anche le potenzialità che questo fare design possa portare all’evoluzione del gusto con equilibri trovati in un secondo tempo. L’oggetto celibe è forse quell’oggetto estremo in cerca di compagnia occasionale fino a quando arriverà il momento di maturare una decisione coniugale? Forse. Ma forse la funzione sarà destinata a rimanere nubile per molto tempo e l’oggetto rinascerà scultura. Forse. Per ora sediamoci ed osserviamo lo scorrere degli eventi in cerca di equilibri stabili o meno nell’alternanza di sentimento e forma, le due forze contrapposte, sinergiche, cicliche, centrifughe e centripete che governano l’armonia delle cose.