Ripensare il Musaeum?
di Andrea Schubert
Il punto di partenza è il superamento della concezione gioviana del museo e, addirittura, del pensiero stesso di Russoli, da cui comunque non si può mai prescindere. Un pensiero fortemente limitato dal contesto storico in cui prendeva i primi passi e che cercava di muoversi verso un nuovo concetto di museo.
Russoli all'interno di “Museo Vivo”, un gruppo di lavoro sul museo iniziato nel 1973 che ha visto coinvolti importanti intellettuali dell'epoca come Gillo Dorfles, Bruno Munari, Roberto Guiducci ed altri, cercava di capire se il museo potesse essere considerato a tutti gli effetti uno strumento di comunicazione di massa e, nel caso ne avesse posseduto le potenzialità, individuarne le modalità d’inserimento strutturale presso la società.
Non entro nel dibattito russoliano ne negli interventi in proposito fatti ai tempi da diverse personalità operanti nel campo della cultura. Voglio ripensare il museo fin dalla sua materialità e porre questa materialità come il primo ostacolo alla realizzazione dell'utopia russoliana. Non vorrei più parlare di un dualismo Museo vs Società che implicitamente comporta la comunicazione in quanto messaggio che parte da un mittente verso un ricevente. Vorrei ripartire dal concetto stesso di museo. Vorrei ripensare il museo da contenitore e conservatore, che deve comunicare il proprio contenuto, ad un museo tanto vivo e pro-attivo da diventare esso stesso il vero contenuto.
Ma se il museo è il contenuto, cosa altro potrebbe essere il contenitore se non la società stessa in cui questo prende forma? E quanto può adattarsi un museo alla forma della società se non liquefacendosi? Infatti il contenuto prende la forma del contenitore quanto più è liquida la sostanza che lo costituisce.
Se consideriamo il "museo contenitore" come una forma mutevole nel tempo, non possiamo non notare come tutti i musei precedentemente concepiti ed evolutisi sul modello del MUSEO GIOVIANO (1537-1543), passando per le wunderkammer, abbiano prevalentemente avuto una funzione conservativa e parzialmente educativa, funzione questa acquisita in epoca moderna. Oggi questo diventa riduttivo e oltremodo anacronistico, insufficiente.
Comunque, nonostante lo svecchiamento e le innovazioni, questi musei rimangono fortemente inibiti dal plasmarsi e svilupparsi intorno al proprio contenuto. Una situazione troppo rigida e limitante per la nostra epoca connotata da cambiamenti oltremodo veloci e radicali. Anche se si sono aggiunte funzioni educative e formative l'ossatura del "museo contenitore" non permette una vera unione con il pubblico che oggi è sempre più frammentato e multiculturale.
La funzione educativa sviluppata nel pensiero di Bruno Munari non è più sufficiente. Il museo rimane solo uno strumento, ovvero un oggetto per perseguire uno scopo riferito alla società, ma pur sempre uno strumento ad essa esterno.
Volendo sintetizzare la situazione odierna, potremmo schematizzarla come una relazione triangolare che vede tre protagonisti: il museo, il suo contenuto e la società nel suo complesso con, soprattutto, quella frazione rappresentata dai visitatori. In questo stato di cose ormai calcificato, il vero cambiamento potrà essere attuato solo qualora si potesse superare in via definitiva questa tripartizione.
La soluzione potrebbe essere vista nella de-materializzazione del museo, nella sua completa liquefazione. Un museo non più contenitore, ma un "museo contenuto" che si adatti al contenitore e ne assuma la sua specifica e temporanea forma.
Non si dovrà più quindi portare la gente al museo perché sarà la gente stessa a fare il museo. Non ci sarà bisogno di educare il pubblico al contenuto del museo perché questo contenuto sarà semplicemente la manifestazione del qui ed ora di quanto prodotto dalla società stessa o da una sua parte in cui il pubblico si riconosce. Non sarà più necessario trasformare il museo in uno strumento di comunicazione di massa perché il museo sarà l'espressione stessa della massa a cui si riferisce e sarà la stessa massa a materializzarlo e parimenti smaterializzarlo nel momento stesso in cui non ne avesse più bisogno. Il museo non dovrà avere un proprio luogo statico, ma sarà là dove sarà necessario che sia nel momento in cui ve ne sarà bisogno. Centro e periferia perderanno il loro senso topico e il museo troverà consono ogni luogo in cui ne verrà evocata la presenza. Il museo potrà essere diffuso, multipolare e iper-relazionato nelle sue parti disperse.
Ovviamente questo provocatorio tesseract concettuale sull'idea di museo non negherà il passato, ma ne sarà altro rispetto a questo. Il classico museo sarà sempre un classico a cui riferirsi, ma il nuovo museo che non c'è, necessariamente dovrà esserci nei suoi modi e nelle sue forme proprie.