Lo Spazio, infine…

di Maurizio Barberis

Paul Klee, Le Créateur, 1934, Olio su tela di lino, dettaglio

1- Lo spazio-immagine, in quanto tale, non può che essere definito, nella sua totalità fenomenica, come l’insieme di tutti i luoghi, visibili e invisibili, che rendono ragione delle complesse metamorfosi della Forma, divenendo in tal modo modello dell’Essere. Ma quale può essere invece la fenomenologia di uno spazio che si dà come nascosto, come rovescio dello spazio vissuto, anziché come razionale disposizione delle cose?

Paul Klee, La Lune était décroissante et me montrait le rictus d’un Anglais, d’un lord mal famé, 1918, acquarello su carta, dettaglio

Trascendenza del negativo, forse, condizione invisibile, ma necessaria, per la riduzione fenomenica all'astratto geometrico. Lo spazio-immagine è ombra dello spazio inteso come luogo fenomenicamente definito dai suoi propri limiti. Lo spazio ‘percepito’ è imprescindibilmente legato alle geometrie euclidee, perché la percezione del primo risulta asservita agli assiomi del secondo. Ciò che sappiamo determina il senso della nostra visione delle cose e in primis dei luoghi in cui ci muoviamo. La traduzione/configurazione del negativo, del rovescio di una cosa in immagine, rischia di istituzionalizzare le necessità dell'invisibile, di rendere troppo luminosa la presenza dell'ombra, di trasformare il simbolo in metafora o, peggio, in allegoria. L'assenza è vissuta qui come risvolto essenziale della presenza, come unica somma di modalità attraverso cui l'Essere può manifestare pienamente la propria condizione ontologica.

Paul Klee, Ad Marginem, 1930, dettaglio

2- Muovendosi tra spazio euclideo e spazio vissuto si transita attraverso le regioni della topologia, dove i luoghi sono determinati da un rapporto di contiguità, estremo limite di una possibile rappresentazione razionale, cartesiana, del reale, che pone l'accento sul sistema di relazioni, nodi e reti, piuttosto che su assiomi astratti, definiti come leggi a priori di comportamento della materia. Lo spazio euclideo diviene modello per la rappresentazione della prospettiva, un luogo senza trascendenza, “positiva rete di rette, parallele tra loro o perpendicolari secondo le tre dimensioni, che contiene tutti i luoghi possibili.” (M.Merleau-Ponty)

Paul Klee, Le petit diable bleu, 1933, dettaglio

Il passaggio da un sistema determinato da punto, retta e piano a un sistema di funzioni e di rapporti, sancisce la verità dell'assunto. Un passo ancora, ed ecco la retta trasformarsi nella linea di Klee, il piano nella superficie lirica di Kandinskij, il punto dissolversi in una trama di coincidenze, la cui equivalenza analogica è continuamente messa in discussione. Lo spazio prospettico diventa spazio elettronico e il tubo catodico sostituisce l'occhio di Euclide: "Lo spazio topologico, medio dove si circoscrivono dei rapporti di vicinato, di enveloppement, è al contrario l'immagine di un  essere, che, come le tacche di colore di Klee, è allo stesso tempo più vecchio di tutto e al 'primo giorno’…e infine fonda il principio selvaggio del logos" (M.Merleau Ponty). E' la geometria dello spazio vissuto, delle sue relazioni viventi, dei suoi nodi irrisolti, che si rappresenta nell'idea di uno spazio che sta prima di ogni altra cosa, che si afferma come logos prima ancora di divenire parola.

Paul Klee, Les Geniés, 1922, dettaglio

3- I segni dei pittori, il loro sguardo disincantato, la ricerca della verità della visione, della sua verità ontologica, stanno, come valori selvaggi, prima dell'organizzazione prospettica e parallela dello spazio, del suo eccessivo servire, e attraverso lo spazio della visione, attraverso un organo di senso che recupera l'intera complessità del mondo, fanno riemergere il problema della presenza del male, del dio selvaggio, che completa e oscura la dimensione luminosa dell'Essere: "... La teodicea di Leibniz riesuma lo sforzo della teologia cristiana per trovare un cammino tra la concezione necessaria dell'essere, sola possibile, e il sorgere immotivato dell'essere bruto, essendo questo finalmente riassociato a quello, attraverso un compromesso, e in questa misura, il dio nascosto essendo sacrificato a 'l'Ens realissimum'” (M.Merleau Ponty). Il dio nascosto è l'invisibile ombra che pone il problema dell'altra faccia del divino, che mostra come l'albero del bene e l'albero del male affondino le loro radici nella loro stessa oscurità. Il che pone il problema di come la germinazione, la simmetria e la distribuzione dei rami e dei frutti seguano motivazioni spesso oscure e incomprensibili. L'ombra si giustifica per quanto di luminoso esiste nella luce. Allo steso modo l'irrazionale è accettato per quanto di razionale esiste all'interno della nostra coscienza. L'ombra si impone perché la luce esista, che non può in nessun caso annullarla, se non fingerne la non-esistenza.

Paul Klee, La morte e il fuoco,1940, dettaglio

4- Trasformandosi così in un luogo del silenzio, lo spazio, assunto qui a modello della possibile esistenza di un essere unitario, ricompone nel tessuto delle contiguità le differenze, attraverso una dialettica non più ispirata alla razionalità, bensì all'idea di uno spazio totale, che, nella sua interezza ontologica, non possa e non debba annullare l'ombra del dio selvaggio per poter identificare l'esperienza percettiva dimenticata, originaria. E la pittura ci consente, attraverso l'indagine di uno spazio inteso come rappresentazione dell'essere nella sua totalità, di rappresentare l'intera gamma delle possibili espressioni, che all'infinito percorrono la nostra ridotta possibilità di nominare le cose.

La pittura riapre quell'abisso, nel quale lo sguardo si può finalmente identificare. Si vedrà che dipingere, disegnare, produrre qualche cosa dal nulla, non è che la traccia di un movimento totale che va verso l'Essere nella sua interezza.