Una strana collezione: Bruno Caruso a Roma
di Henry Thoreau
Bruno Caruso, fu pittore ma ancor più illustratore, che la sua arte si esprimeva al meglio nel racconto di vite spezzate, piuttosto che nella fantasia priva di referenti. Erudito e bibliofilo, fu di sicula origine, vissuto a Roma e militante comunista, nonché collezionista di pubblici onori (ben cinque i più noti, comprendendo anche una laurea onoris causae in filosofia).
Tra le sue opere la più famosa, è probabilmente il ciclo di illustrazioni ‘Manicomio’, tema caldo in quegli anni, che lo vide militante a fianco di Basaglia, per sconfiggere una delle vergogne, tra le tante, del Bel Paese. Basti ricordare come, nella Sicilia di quegli anni, fosse una pratica non del tutto inusuale quella di far rinchiudere in manicomio, una moglie, un marito o un parente scomodo, per questioni di interesse, con la complicità di qualche medico corrotto.
Amico di letterati, Vittorini e Quasimodo, Sinisgalli e Ungaretti, tra gli altri, e di grandi fotografi come il francese Brassai, diviene accademico di San Luca nel 1993.
Ma tra le tante sue passioni pubbliche, una, privata, lo affascinava forse più di ogni altra. Collezionista di Vanitas, di opere dedicate alla caducità della vita. Ne aveva riempito una stanza, che l’horror vacui ben si addiceva alla sue origini siciliane. Mi raccontò durante la breve visita necessaria per fotografare le stanze del suo studio, che un suo caro amico, Federico Zeri, aveva l’abitudine di andare in visita da lui, per poi rinchiudersi per ore in solitaria meditazione nella stanza delle Vanitas. Memento mori.
“ …Nel sestiere di Castello a Venezia c'è la bellissima chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, fatta costruire dal doge Jacopo Tiepolo alla fine del ‘200. Nel corso dei secoli è diventata ‘il Pantheon dei Dogi' per i numerosi monumenti funebri di personaggi illustri della Repubblica che vi furono costruiti. Tra i vari monumenti ce n'è uno legato ad una strana leggenda, quello del pittore Melchiorre Lanza nella cappella di Maria Maddalena... Il monumento funebre è decorato da una bellissima scultura dello scultore Melchior Bartel che, ufficialmente, rappresenta la Malinconia. C'è anche un'altra versione… Narra la leggenda che la statua rappresenti una donna bellissima e vanitosa che viveva solo per il suo aspetto esteriore; un giorno, specchiandosi, invece della sua solita immagine, vide un'orribile vecchia prossima alla morte… Capì che questo era il destino che l'aspettava e per questo morì all'istante...”