Anche gli antichi lo sapevano…
di Andrea Schubert
Parole e immagini sono solo differenti dispositivi ottici. Strumenti, insomma. Essi rientrano in uno specifico regime scopico con pari ed uguale valenza agendo con le stesse modalità. Essi sono gli strumenti con cui l'artista esprime la propria estetica. Sono solo lo strumento con cui il pubblico costruisce il proprio godimento. Si, perché nel godimento estetico, lo spettatore non è il soggetto passivo che si potrebbe credere.
Che la si chiami "poesia universale" o estetica, poco importa. Sia la parola che l'immagine passano attraverso i sensi e dai sensi vengono scomposte, per poi ricomporsi nella forma specifica e personale che la mente dà loro. Come nella pittura così nella poesia il messaggio viene decostruito dai sensi e ricostruito dalla mente.
Tutto si può ricondurre al triangolo semantico dove il segno (immagine) è qualcosa per qualcuno (osservatore) in qualche modo (regime scopico). E questo processo si verifica per ogni cosa. Che sia musica o scultura, poesia o pittura poco importa. Tutto si scompone per poter entrare nella sfera emotiva del fruitore e si ricompone in qualche modo (per ognuno il proprio) a produrre il proprio effetto estetico.