La pittura, innanzitutto

by Maurizio Barberis

“ Il proponimento mio, M.Benedetto vertusissimo, è di scrivervi, in quel modo, ch’io saprò più chiaro e breve, quale delle due più eccellenti arti, che con le mani  si facciano, tenga il grado principale, e queste saranno la pittura e la scultura; e prima ponendo le ragioni dell’una e poi quelle dell’altra, le verrò comparando insieme, e così si potrà vedere a quale di loro si debba l’altra preporre. E perché io intendo d’accostarmi dall’una delle due, come in verità mi pare accostarmi alla più vera parte, cioè dalla dalla parte della pittura, pigliarò per ora la sua difesa, ponendo nondimeno le ragioni della parte opposita fedelmente, e con quanta verità più per me si potrà...” ( Bronzino, Lettera al Varchi)

La pittura, innanzitutto, che educa i nostri sensi, prima di ogni altra immagine. La pittura, che strumento di ogni visione, affina la nostra capacità di conoscere, di distinguere, di analizzare, e guida i nostri sentimenti, le nostre passioni. Si possono fare belle fotografie, fotografie artistiche e l’immagine diviene arte, oppure muscolose installazioni, giardini profumati o meravigliosi mobiletti. Tutto può essere  arte.   

Edvard Munch, Autoritratto con febbre spagnola, 1919, Olio su tela, Oslo, Nasjonalmuseet for Kunst

Edvard Munch, Autoritratto con febbre spagnola, 1919, Olio su tela, Oslo, Nasjonalmuseet for Kunst

Ma la pittura rende ragione di altri domini, che solo la straordinaria coincidenza di corpo, intelletto e spirito possono rendere attuali. La pittura rende immanente la trascendenza e rende testimonianza di ciò che non può essere dato attraverso i nostri poveri sensi.

Prima di ogni altra immagine, il dio del colore traccia un segno dubbioso sul muro, lo spinge un poco più in là, nella somiglianza o nella differenza. E’ il mito della figlia del vasaio di Corinto, Plinio il Vecchio, l’origine della pittura che si intreccia con la premonizione della fotografia. E il segno divenuto immagine, eidola, si trasforma nel corpo spirituale e materiale del pittore, che parla solo grazie a lei, attraverso di lei indaga ciò che lega il visibile immanente all'invisibile trascendente. La pittura gira così attorno alle definizioni dell'essere e del suo corrispettivo fenomenico.

Pierre Bonard, Il piccolo ponte, 1934, Pannello decorativo a olio, Palais de Chaillot, Parigi

Pierre Bonard, Il piccolo ponte, 1934, Pannello decorativo a olio, Palais de Chaillot, Parigi

Ma prima ancora, prima di un racconto così organico e strutturato, bisogna lasciarsi prendere dal desiderio, dall'emozione del dipingere. E' nell'organico rapporto che la pittura stabilisce con l'oggetto ansioso, con la visione, con le sue possibili e infinite implicazioni, che si manifesta la possibilità di palesare la sua dimensione occulta, la realtà di tutto ciò che appare come trama invisibile dello sguardo: " Il pittore si "dà con il suo corpo ", dice Valery. E' prestando il suo corpo al mondo che il pittore, novello Prometeo, trasforma il mondo in pittura. Per comprendere fino in fondo questa sorta di transustanziazione, bisogna ritrovare il suo corpo come operante e attuale, non una porzione di spazio o un fascio di funzioni, bensì un intreccio di visione e movimento.

Straordinaria definizione della pittura questa, che pone nella materia pittorica l'unità di pensiero e azione, che traduce, nell'ineffabilità del visibile, la sintesi, altrimenti impossibile, tra corpo e spirito. A partire dalla materia, a partire dalla sua vocazione fenomenica, il visibile diviene condizione di concreta trasformazione, di transustanziazione  appunto, del pensiero fatto corpo nell'atto misterioso della pittura.

Henry Matisse l’Atelier Rosa, 1911, Mosca, Museo delle Belle Arti Puskin

Henry Matisse l’Atelier Rosa, 1911, Mosca, Museo delle Belle Arti Puskin

Senziente e sensibile. Il gesto della pittura metaforizza l’essenza attraverso cui viene indicato l'appartenere dell'uomo al mondo: colui che vede è visto, e contemporaneamente diviene gesto e riflessione sul gesto.

Il vedere è condizione del sensibile, esperienza, sensazione, traduzione dello stimolo in senso. Senso che appare come l'intellegibile  materia, che attraverso la trasformazione del vedente in veduto, acquista la possibilità di essere 'compresa', inscritta nel cerchio perfetto della conoscenza.

Pablo Picasso, Nudo seduto, (Maddalena) 1905, olio su cartone, Pairgi, Musèe National d’Art Modern, Centre Georges Pompidou

Pablo Picasso, Nudo seduto, (Maddalena) 1905, olio su cartone, Pairgi, Musèe National d’Art Modern, Centre Georges Pompidou

Trascendenza dell'intellegibile, che porta con sé il senso  della materia. Da ciò deriva l'amletica condizione del vedere l'invisibile:" La pittura risveglia e porta all'ennesima potenza un delirio che è poi la visione stessa, perché vedere è avere a distanza, e la pittura estende questo bizzarro possesso a tutti gli aspetti dell'Essere, che devono in qualche modo farsi visibile per entrare in lei. Quando il giovane Berenson parlava, a proposito della pittura italiana, di un'evocazione dei valori tattili, non poteva sbagliarsi di più: la pittura non evoca niente, e meno che mai il tattile. Fa tutt'altra cosa, quasi il contrario: da essenza visibile a ciò che la visione profana crede invisibile, fa in modo che non ci occorra un "senso muscolare" per percepire la voluminosità del mondo." (Merleau Ponty, L’occhio e lo spirito,in Il corpo vissuto)

Magico tra i sensi, il vedere avvicina il lontano, consente di catturare la distanza, o, viceversa di non incontrare mai il proprio soggetto, il guardante, di esserne in simbiosi senza dividerne la materia. Ma Merleau-Ponty dice qualcosa di più: parla di una possibile 'visione dell'Essere', che, oltre la trama specifica della materia, oltre la sua comprensibilità, consenta all'occhio di coglierne l'inconscia determinazione: ".......qualsiasi pittore, mentre dipinge, pratica una teoria magica della visione.”

Pierre Puvis de Chavannes, La Maddalena, 1897, olio su tela, Budapest, Szépmùvészeti Mùzeum

Pierre Puvis de Chavannes, La Maddalena, 1897, olio su tela, Budapest, Szépmùvészeti Mùzeum

Che cosa rappresenta il pittore, se non il desiderio di conoscere le ragioni ultime del vedere, la manifestazione del visibile, che cosa rende visibile il visibile. Che cosa resta all'immagine del segreto della visione, della trasformazione della materia in sguardo?

La visione è certo un automatismo, ma un automatismo colto, che precede e spiega la razionalità del linguaggio. 'Abitare il visibile '  o esserne il freddo interprete: essere o rappresentare. E' dunque questo il crinale su cui si appoggia la teoria che ci interessa, quello che ci divide dalla diottrica cartesiana.

Marcel Duchamp, due nudi, 1910, olio su tela, , Pairgi, Musèe National d’Art Modern, Centre Georges Pompidou

Marcel Duchamp, due nudi, 1910, olio su tela, , Pairgi, Musèe National d’Art Modern, Centre Georges Pompidou

Disegno e colore sono le qualità che più di ogni altra delimitano la forma. L'incerto ondeggiare del colore si scontra di continuo con la determinatezza della linea che configura l'oggetto. L'essere contenuti nel movimento della forma diventa parte essenziale del suo senso, che non si dà e non si potrà mai dare, se non attraverso l' identificazione di vedente e veduto.

Mario Sironi, Montagne, 1940, olio su tela, Collezione privata

Mario Sironi, Montagne, 1940, olio su tela, Collezione privata

O viceversa dedurre il senso dalla possibile costruzione di un'apriori dell'immagine, estraneo al vedente come il vaso al suo contenuto. La ratio della linea cartesiana è funzionale a una teoria della protesi, alla costruzione di un artificio esterno che potenzia il vedere. La linea stessa diviene protesi razionale, qualcosa che ci aiuta a dare forma a un pensiero, al pensiero della luce, per esempio.

L'immagine, dai giochi del Brunelleschi, sino alla pellicola fotografica, si presenta come un oggetto, come un segno che l'uomo costruisce sulla base di una possibile appropriazione convenzionale della realtà, ma che trae le sue più profonde origini dall'idea cartesiana della matematizzazione delle forme.

Frantisek Kupka, Vertical Planes, 1912-1913, Olio su tela, Musée national d’Art Moderne, Parigi

Frantisek Kupka, Vertical Planes, 1912-1913, Olio su tela, Musée national d’Art Moderne, Parigi

L'ossessione impressionista, (Sainte-Victoire, ci ricorda Merleau-Ponty) è lì a ricordarci come l'invisibile possa divenire la vera 'natura' del visibile, a indicarci che ciò che determina la visione in quanto visione (il riflesso, per esempio) è da sempre l'ombra sfuggente della luce cartesiana: " Ci vorrebbe un pensiero che non fosse più costruito come relazione: dal pensante al pensato, sotto il dominio del pensato; un pensiero non soggetto alla rigorosa corrispondenza tra noesi  e noema , non soggetto all' adeguamento del visibile che uguaglia lo sguardo cui dovrebbe corrispondere nell'intuizione della verità; ci vorrebbe un pensiero in cui non fosse più legittima la metafora della visione  e dello sguardo ." (Emmanuel Levinas, "Trascendenza e intellegibilità)

Gino Severini, Composizione (Realtà presenti e lontane) 1931, tempera su cartone, collezione privata

Gino Severini, Composizione (Realtà presenti e lontane) 1931, tempera su cartone, collezione privata

La visione è un pensiero, non il semplice trasformarsi di un oggetto in percetto, ma una forma complessa, che attribuisce valori e trasforma il mondo in pensiero pensato. E' pensiero la pittura, che non esprime 'la frivolezza del nostro rapporto con le cose' ma ne suggerisce la forma concettuale, un modo possibile di pensare il mondo. La pittura realizza una metafisica dello sguardo, e attraverso questa condizione, la  rappresentazione dell'Essere nelle pieghe dello Spazio, si pone come un infinito alla visione, ripete l'illusione organizzata dalla superficie che il quadro incornicia.

La terza dimensione, la sua percezione, la sua rappresentazione illusoria, ci mostrano l'infinita teoria delle forme possibili, la loro contiguità apparente, che ri-attribuisce valore a quell'oltre-dello-sguardo che la Forma della pittura ci rende possibile: " Ora siamo in grado di comprendere che lo spazio non ha tre dimensioni, né più ne meno, come un animale ha due o quattro zampe, e che le tre dimensioni sono prelevate dai differenti sistemi di misura su un'unica dimensionaltà, un Essere polimorfo, che le giustifica tutte senza essere espresso completamente da alcuna" ( Merlau Ponty, op cit )

Mario Maffai, Natura morta con vaso blu, 1937, olio su tela, collezione privata

Mario Maffai, Natura morta con vaso blu, 1937, olio su tela, collezione privata

Ecco comparire, dall'indeterminatezza del rapporto soggettivo con lo spazio, un'insolita idea di infinito, polimorfo. Tutte le forme e nessuna forma, somma di cose e anche di più. Così, tra tutte le possibili manifestazioni dell'Essere-nello-Spazio, cogliamo le tre direzioni cartesiane, per determinare la nostra limitata idea di assoluto. Come se, nella pittura, l'assoluto si intrecciasse con la rappresentazione, e l'intellegibilità, senso ultimo dell'opera pittorica intesa come soggetto di un vissuto, fosse proprio dato da questa inscindibile condizione di corpo (rappresentazione)  e spirito (autonomia del visibile). Così ci troviamo dunque nella necessità di una titolazione, di un indice  estraneo all'icona. La manifestazione del bisogno dell'arte di essere contemporaneamente rappresentazione e cosa, fa sì che il titolo costituisca un prolungamento dell'opera, che apre all'interpretazione ma contemporaneamente la delimita, la circoscrive, ne impedisce e accentua al tempo stesso l'inadeguatezza.

In quanto complemento del segno, ne prolunga le ambiguità.

Ferruccio Ferrazzi, La stanza, (gli anni dell’orrore) 1943-1946, olio su tela, collezione privata

Ferruccio Ferrazzi, La stanza, (gli anni dell’orrore) 1943-1946, olio su tela, collezione privata

" La sua pittura sarebbe un paradosso: ricerca della realtà senza abbandono della sensazione, senza altra guida che la natura dell'impressione immediata, senza precisare i contorni, senza circoscrivere il colore nel disegno, senza comporre la prospettiva né il quadro. Ecco appunto quel che Bernard chiama il suicidio di Cézanne: egli ha di mira la realtà e si vieta gli strumenti per raggiungerla." (M.Merleau-Ponty, Il dubbio di Cézanne, in Senso e non senso,)

L'occhio, concepito come il 'corpo' della visione, come l'essere materiale dello sguardo, rende l'idea di una forma che è sensazione prima ancora che materia, soggetto prima di poter essere oggetto, prima di poter trovare alcunché che lo possa dimostrare.  L'occhio attua la concretizzazione del mondo spirituale, passando attraverso la distanza dalle cose, attraverso la loro presenza simultanea, nouminosa, nella carne e nello spirito. Corpo spirituale della pittura, che simultaneamente ci permette la comprensione della parola e dell'immagine, della Forma e della Rappresentazione, che si offre come oggetto, movimento che genera, cosa che indica le cose, strumento e visione al medesimo tempo.

Francis Picabia, Adamo ed Eva, Olio su tela, 1911, collezione privata

Francis Picabia, Adamo ed Eva, Olio su tela, 1911, collezione privata

Merleau-Ponty  attribuisce grande importanza al rapporto tra simultaneità e visione: " Dobbiamo prendere alla lettera quello che ci insegna la visione: che per mezzo suo tocchiamo il sole e  le stelle che siamo contemporaneamente dappertutto, accanto alle cose lontane come a quelle vicine, (........).La visione soltanto ci insegna che esseri differenti, "esterni", estranei l'uno all'altro sono tuttavia assolutamente assieme, ci insegna cioè la "simultaneità", mistero che gli psicologi maneggiano come un bambino tratterebbe degli esplosivi." (M.Merleau-Ponty, "L'occhio e lo spirito", in "Il corpo vissuto",)

Frantisek Kupka, Colored, 1919, Olio su tela, The Solomon R.Guggenheim Museum, New York

Frantisek Kupka, Colored, 1919, Olio su tela, The Solomon R.Guggenheim Museum, New York

La simultaneità è la possibilità di una multivisione, di una presenza reale e continua dell'Essere Polimorfo che governa il mondo delle configurazioni. La simultaneità é lo specifico visivo di una Gestalt concepita come perenne trasformazione, della materia soggetta al trascorrere del tempo nello spazio. Simultaneo é infine lo spazio percepito come unitario, nonostante il disvalore delle sue parti.

Edvard Munch, Autoritratto in interno, ( Dalla serie ‘fotografie del destino’) Ekeley, Oslo, 1930 circa

Edvard Munch, Autoritratto in interno, ( Dalla serie ‘fotografie del destino’) Ekeley, Oslo, 1930 circa