Il Museo, a un certo punto
by Ico Migliore, architetto e designer
Visitare un museo fino a oggi era un’operazione che richiedeva molti sforzi, portando spesso a un forte dispendio di energia: mi riferisco ai grandi musei quelli che raccolgono le mostre più importanti e che facevano i numeri in termini di quantità di visitatori e di biglietti staccati.
Ora c’è l’opportunità, dettata dalla pandemia, di ripensare gli spazi museali. Questo non significa ridefinirne i percorsi, porre le dovute barriere di plexiglass e i rilevatori di temperatura: questi sono accorgimenti che hanno a che fare con la sicurezza e la salute, ma che non generano bellezza e armonia, al contrario la oscurano. Compito degli architetti, condiviso con curatori e direttori dei musei, è riformulare il modello ‘narrativo’ del museo.
Tornare a questo luogo pensandolo come il baricentro della nostra vita culturale, uno spazio da vivere e sperimentare con più assiduità e non in modo bulimico come accade oggi.
Fino a questo momento, parafrasando il mondo del cibo, ha vinto il modello ‘a buffet’: tanti contenuti spesso indifferenziati. Trovo quest’approccio profondamente sbagliato. Credo piuttosto che nel modello ‘trattoria’, con il menù della casa, e pochi piatti sapientemente cucinati.
Può essere faticoso, richiede uno sforzo maggiore da parte di tutti, ma è necessario, se vogliamo sfruttare il patrimonio che abbiamo a disposizione in Italia. Dobbiamo considerare il visitatore non come un turista ma tornare a proporre una medicina a lento rilascio. Questo può significare molte cose: strutturare orari più flessibili, la possibilità che un biglietto possa essere utilizzato più volte per tornare e ritornare al museo o a quella particolare mostra. Offrire la possibilità di studiare, disegnare all’interno delle sale museali, per un museo più fruibile.
E soprattutto esporre meno, esporre meglio, creare più empatia tra pubblico e opera. Il compito di chi progetta è assecondare tutto questo, la definizione degli ambienti, con la luce, l’audio, il tempo espositivo, lo ‘spazio’ della cornice o della teca.
Se dopo questa pandemia possiamo dire che i medici ci hanno aiutato a sopravvivere ma dobbiamo convincerci che i musei ci aiuteranno a vivere. E non solo i grossi musei ma anche quelli più piccoli: sarà una grande opportunità se i mini musei magari in piccole località di provincia saranno in grado di reinventarsi mettendo in scena delle opere uniche di cui l’Italia è ricchissima e diventando un volano per il territorio.
Ricordo che quando raccontavo le fiabe ai miei figli partivo sempre da “c’era una volta”, poi descrivevo la scena per poi arrivare ad esclamare: “e a un certo punto...”, e proprio allora negli occhi dei bambini scattava la curiosità e la meraviglia.
Ecco dobbiamo ritornare ad evocare quel “a un certo punto”.