Il Museo

by Silvio Fuso, già direttore del Museo di Cà Pesaro

Museo di Palazzo Fortuny, Venezia, ph by Maurizio Barberis

Museo di Palazzo Fortuny, Venezia, ph by Maurizio Barberis

“(L’arte) è il simbolo più bello, più severo, più sereno, più pio di tutto lo sforzo super razionale che spinge gli uomini alla bontà, alla verità, alla perfezione”. Queste splendide parole di Thomas Mann mi sembrano l’inevitabile premessa a qualsiasi discorso su quei peculiari monumenti della memoria d’arte che sono i musei.

Decisiva è quindi la responsabilità di chi opera al loro interno, “il gesto del museologo non è mai neutrale” e “ l’allestimento in un museo diventa un problema di epistemologia”. Come risulta chiaro già da questi primi riferimenti il museo gioca un ruolo fondamentale in quella creazione di senso e contesto che rende l’opera d’arte concretamente “utilizzabile” dai visitatori.

Chi sceglie le opere da esporre, chi le allestisce, chi ne decide la collocazione e la leggibilità deve porsi di fronte a tre possibili approcci, quello estetico, quello storico-semantico, e quello, più ambiguo, tematico: se non potrà sottrarsi alla soggettività che, naturalmente, tutti condiziona, dovrà tuttavia, con piena consapevolezza, rinunciare a sovrapporre scelte critiche, estetiche, ideologiche personali al suo essenziale lavoro.

L’approccio semantico, che privilegia la conoscenza graduandone livelli e approfondimenti, pare quindi essere la strada maestra di ogni itinerario museografico poiché pone in primo piano l’opera e il suo studio, costringendo, senza sforzo, piuttosto all’umiltà che all’ipertrofia del gesto critico, per il quale, comunque, ampi spazi sono offerti da gallerie private, Kunsthallen e altri simili contenitori. In questo modo l’aura sacra che, come ci ricorda Mottola Molfino, le sale di esposizione museali devono sempre mantenere, sarà protetta da indebite intromissioni e da illusionistiche suggestioni.

E’ chiaro altresì che mettere in secondo piano l’autonomia dell’estetica e le azioni curatoriali non dovrà mai condurre a scelte di ingessata immobilità o mera conservazione: l’approccio storico-conoscitivo deve fungere da premessa e garanzia per quella libertà di ricerca e di intervento che è indispensabile nel lavoro monografico. La memoria infatti non può mai essere bloccata o prescindere da un contesto spazio-temporale che per sua stessa natura si presenta mobile e metamorfico. Lo stesso concetto di museo deve essere quindi aperto alle più diverse accezioni: ” 1. Museo come memoria delle arti; 2. Museo come luogo sacro delle arti; 3. Museo come luogo delle attività artistiche; 4. Museo come sanzione dell’arte; 5. Museo come proposta di oggetti e attività d’arte; 6. Museo come passaggio di attività d’arte”, sono le sei specificazioni che ci prospettava, con sapientissimo esercizio semiotico, Omar Calabrese, partendo dalla definizione stessa di museo come luogo delle muse, e che mi sembrano tutte le possibili opzioni all’interno delle quali declinare quella libertà di ricerca e di intervento cui sopra avevo fatto riferimento.

(dal catalogo del Museo di Ca’ Pesaro, Venezia)