Sironi è solo. Sempre.
di Luca Violo
Mario Sironi è uno dei vertici dell’arte italiana ed europea del XX secolo, per il suo essere monumentale e severo, drammatico e sintetico nell’asciugare la forma e il colore all’essenza dell’espressione, come solo i maestri sono capaci.
L’impeccabile mostra “Mario Sironi. Sintesi e grandiosità” a cura di Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo, allestita fino al 27 marzo 2022 al Museo del Novecento di Milano, attraverso centodieci opere, vuole affermare la centralità dell’artista nello sviluppo dell’arte italiana nella prima metà del secolo scorso.
Milano e il paesaggio urbano sono i protagonisti di una modernità livida e di struggente bellezza. L’uomo è solo e perso nella propria solitudine. La figura umana è, come Donatello e Masaccio, il cardine della ricerca sironiana: l’uomo è una massa plastica e cromatica che lotta contro la natura e la città. I colori sono tetri, bruni, capaci con la loro forza sommessa di raccontare le profondità dolenti dell’animo umano.
La mostra presenta ‘opere da cavalletto’, ma Sironi negli anni Trenta e per tutta la maturità, oltre alla pittura e al disegno sperimenta le vaste superfici murali e le vetrate, il mosaico e la scultura. Sostenuto da Margherita Sarfatti - che con passione aveva dato vita al movimento di Novecento – è vivace e acuto polemista attraverso migliaia di disegni illustrativi per l’editoria e la cartellonistica.
Dopo oltre settanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del regime mussoliniano - di cui Sironi è stato un sostenitore atipico (rifiutò ad esempio le leggi razziali del 1938) - è forse giunto il momento di leggere la sua opera solo con i parametri dell’arte, che discrimina le azioni dell’uomo dal reale contributo alla storia figurativa del suo tempo. Fatti propri questi criteri, Sironi ci appare necessario alla ricerca contemporanea, per una rara capacità di sintesi compositiva e cromatica, dove lo spazio tra l’uomo e la natura si compie per contrapposte forze volumetriche, che lo portano, nell’ultima fase, ad un’astrazione di abissale armonia che lo avvicinano all’olimpica leggiadria plastica di Arturo Martini.