L’OGGETTO CELIBE.
Per un’arte da camera à réaction poétique.
di Maurizio Barberis
Esistono oggetti che si prestano a un racconto diffuso, coinvolgendo quella parte di immaginario che confina con mondi che esprimono livelli più profondi di conoscenza. Una serie di eventi, punti nodali, all’interno di un sistema funzionale fatto di oggetti d’uso apparentemente disconnessi, creano una storia, e, attraverso relazioni virtuali, topologiche e aleatorie, un racconto à réaction poétique, dove il focus è rappresentato dal sistema di connessioni attivato dall’opera, per creare un’unica struttura poetica che utilizzi gli strumenti dell’arte per dare vita a percezioni diverse di mondi diversi.
In epoca contemporanea questi due concetti, virtuale e reale, si sono saldati in un’unica forma, quella dell’oggetto celibe, ovvero di una tipologia di oggetti in cui la razionalità delle funzioni arretra a fronte di un’enfasi delle qualità emotive e sensoriali. L’orizzonte dei riferimenti culturali spazia dalla moda al design, dalle arti applicate all’architettura, laddove queste proiettano la loro ombra all’interno del mondo domestico contribuendo a rendere lo spazio un assoluto estetizzante, disposto a sacrificare sull’altare della bellezza ogni idea di comfort.
Tre i momenti attraverso cui l’oggetto celibe si mette in mostra:
1. La Teatralità, ovvero uno spazio concepito come messa in scena per un’unica rappresentazione, dove autore e oggetto si identificano su un medesimo palcoscenico.
2. L’Extra-temporalità, ovvero il progetto come luogo di accumulo della memoria, laddove passato e presente, spazio e tempo, si proiettano sempre in un’unica immagine, attraverso un gioco di sovrapposizioni di segni e di significati per produrre un ritmo interno all’immagine stessa.
3. L’Existenz-Maximum, l’oggetto come immagine negata, la forma come ‘machine celibataire’, ovvero un deciso rifiuto per il rigore calvinista e una predilezione per l’ eccesso.
Complessità vs Semplicità, Differente vs Uguale,
Impossibile contro Possibile...