Adolf Loos aveva un ‘piano spaziale’
di Patrizia Catalano
Adolf Loos ha vissuto intensamente i suoi 63 anni. Per fortuna di Vienna, in primis, dove l’architetto, originario di Brno, ha mosso i suoi primi passi progettando negozi e caffè. Ma bisogna riconoscere che Adolf Loos, pur non raggiungendo fama, riconoscimenti (e danari) di architetti come Walter Gropius, Mies Van der Rohe, Richard Neutra, resta la voce più interessante (e assolutamente contemporanea) vissuta a cavallo tra il XIX e XX secolo. Loos era architetto, ma fu anche una grande penna, un critico spietato, un famoso dandy, uno spirito libero che portò i valori della cultura anglosassone (visse tre anni negli Stati Uniti, dal 1893 al 1896, praticando infiniti mestieri dal lavapiatti al giornalista) nel vecchio continente.
Per molti anni attraversò in treno l’Europa, tessendo relazioni e amicizie: da Vienna a Parigi, da Berlino a Nizza, passando per Milano e Venezia, per Amburgo, Praga e Budapest e, come un grillo parlante, criticò senza pietà tutti gli stili allora in voga dallo Jugendstil alla Wienner Werkstette, perché considerati troppo storicistici. Ma non risparmiò le sue critiche ai cosiddetti funzionalisti: per Loos l’equazione modernista vetro acciaio uguale modernità, non funzionava. Ebbe un’idea, che produsse molti fraintendimenti sul suo operato e su quello dei suoi successori. Fu quel titolo “Ornamento e Delitto”, un articolo redatto nel 1908, che da molti fu interpretato come ‘Ornamento è Delitto’.
Ma non era così. Loos era un radicale che non sopportava gli orpelli e i manierismi e con il suo operato fece piazza pulita di un decorativismo novecentista troppo imbustato e abusato. Era un precursore della modernità. Per lui il valore degli spazi si raccontava attraverso l’autenticità dei materiali, per esempio, che per l’architetto viennese ebbero tantissima importanza. La venatura di un marmo o di un legno erano fondamentali per segnare gli ambienti. Spesso li sceglieva costosi ed opulenti, e questo anche per tranquillizzare i committenti sulle sue scelte radicali. Era un uomo colto e questo lo aiutò moltissimo nel definire un metodo progettuale che oramai tutti gli riconoscono: il cosiddetto piano spaziale.
Adolf Loos si concentrò moltissimo sul tema dell’housing e progettò per quegli anni un numero importante di case private, sovvertendo la concezione che gli ambienti di un interno si definiscono esclusivamente attraverso la pianta. Fu l’inventore del Raumplan-Architektur, ovvero la capacità di progettare gli spazi anche nella terza dimensione e quindi prevedere diverse altezze a seconda della funzione di ciascuna stanza con la capacitò magistrale di sequenziarle tra loro creando una perfetta armonia nella tridimensione. Scriveva Heinrich Kulka primo biografo dell’architetto: “Con Adolf Loos vide la luce un concetto spaziale sostanzialmente nuovo e più elevato, il libero pensiero fatto di spazio: progettare ambienti a livelli diversi e non saldati a un determinato piano, trasformare gli spazi e le loro reciproche relazioni in un tutto armonico e inscindibile”.
Quanto di questo insegnamento loosiano è oggi patrimonio degli architetti e dei designer? Ma soprattutto, il mantra di questa era trans-pandemica – che francamente trovo un po’ gratuito – continua ad essere “L’era COVID ha cambiato la percezione, l’uso e il valore dello spazio domestico: bisogna ripensare alla casa in funzione dell’uso che se ne fa ora”. Giustissimo ma come? Forse riprendere il concetto Raumplan loosiano portato avanti anche da altri architetti moderni e contemporanei, potrebbe essere una buona strada da percorrere.
Oltre al fatto che, se vogliamo pensare a mr. Loos come ‘designer’, possiamo dire che fu un antesignano dell’economia circolare: nessuno spreco, per lui era meglio utilizzare quello che già c’era anziché, come fanno molti designer d’aujourd’hui, firmare mobili che non sono altro che la copia della copia di alcuni masterpieces.
Nota era la sua passione per il Theben-Hocker, meglio noto come Thebes-Stool, lo sgabello prodotto a partire dal 1884 a Londra dai Grandi Mgazzini Liberty’s che si ispirava uno sgabello realizzato nell’antico Egitto (1300 a.c. circa). Loos lo utilizzò moltissimo nelle sue case a partire dalla sua nel 1903, e in seguito, a villa Karma (1903-1906), a casa Steiner (1910), casa Duschnitz (1915-1916), casa Mandl (1916), casa Strasser (1918) casa Rufer (1922). Insomma pur essendo un architetto considerato tra i più rappresentativi dell’era moderna, non si fece alcuno scrupolo di reintrodurre nei suoi interni un oggetto ‘disegnato’ 3200 anni prima. Senza appropriarsene.