Collezionare il caos e l’ordine dei ricordi
di Luca Violo
Collezionare è un viaggio nel profondo del proprio gusto estetico, la necessità di cristallizzare un’emozione in un’oggetto che è ragione e follia, dedizione e ossessione, volontà di possesso e dominio del tempo attraverso una raccolta magica di epifanie sensoriali, dove denaro e bellezza sono intimamente legati al conoscitore d’arte. Essi appaiono di primo acchito opposti, ma non necessariamente sono in contrasto. Il primo è l’emblema dell’avere, l’altra incarnazione dell’essere, entrambi necessari per il realizzarsi di un’opera d’arte che per trovare forma ha bisogno che un committente, ecclesiastico, aristocratico o borghese che renda tangibile un’idea, un progetto, a volte l’ardore visionario di un uomo facoltoso che crede che l’arte possa oltrepassare la caducità del tempo. Il denaro e il potere, per avere un’identità, un prestigio, hanno dovuto scegliere grandi artisti, musicisti, poeti e architetti che hanno lasciato il segno del loro tempo. Michelangelo e Raffaello furono all’inizio del Cinquecento, con la Cappella Sistina e le Stanze Vaticane, il riflesso del potere e voglia di gloria di Giulio II della Rovere, un papa che vedeva il mecenatismo nell’arte come uno straordinario strumento per una Renovatio artistica e politica dell’Urbe, capace di restituire a Roma la grandezza e il fasto del suo passato imperiale. Gian Lorenzo Bernini, sommo protagonista della cultura figurativa barocca, non sarebbe stato quel fulgido scultore, urbanista, architetto, pittore e scenografo, senza il sostegno illuminato di Urbano VIII Barberini che riconobbe in lui l’artista ideale per rappresentare una Chiesa celebrativa, trionfante e spettacolare, e il travolgente entusiasmo collezionistico del cardinale Scipione Caffarelli Borghese che gli commissionò opere immortali come Il Ratto di Proserpina, il David e l’Apollo e Dafne.
L’arte crea un’aurea quasi mitica a chi la promuove. Dall'aristocrazia nobiliare ed ecclesiastica alle grandi famiglie europee e americane tra Otto e Novecento: Vanderbilt, Rothschild, Rockefeller, Guggenheim, Isabella Stewart Gardner, Henry Clay Frick e molti altri ancora, sono stati mecenati e collezionisti che negli Stati Uniti hanno contribuito in modo sostanziale alla fondazione e alla crescita di prestigiosi musei, con donazioni davvero generose e un comprensibile ritorno d'immagine. Da alcuni anni le maison della moda investono nell'arte attraverso importanti finanziamenti vòlti al recupero e al restauro di opere e siti d'arte, nonché alla costituzione di fondazioni a loro nome rivolte principalmente all’arte contemporanea, un segmento del mercato dell’arte sinergico all’andamento economico-finanziario delle borse internazionali, che viene visto come un’asset di diversificazione del patrimonio, alla continua ricerca di segmenti della creatività che possano offrire ampi margini di sviluppo del proprio valore economico.
Le arti decorative e il design del XX secolo, insieme all’arte contemporanea, da almeno tre decenni hanno sostanzialmente mutato il concetto di casa, da spazio arredato da oggetti e dipinti antichi a una contaminazione tra epoche diverse dove l’aspetto più stimolante è la cosmopolita dissonanza dei generi. Originali nella produzione gli oggetti del design hanno acquisito nel corso degli anni un valore collezionistico sempre più preminente nel mercato internazionale dell’arte. Diversificata l’offerta, ampio il compasso temporale, praticamente infinite le storie che si appoggiano alla realizzazione di questi oggetti che coniugano la ricerca dell’unicità artigianale alla serialità industriale. La peculiarità del design italiano è di aver mutato la percezione dell’oggetto industriale da prodotto artigianale riprodotto in forma seriale, a ‘forma aperta’ della creatività che si evolve e diviene immagine di un’epoca e di un gusto, attraverso il contributo aperto e in progress di superbi interpreti. Una sola frase di Gio Ponti basta per raccontare l’immenso contributo che egli ha dato ad un’arte che somma un alto artigianato riproducibile alla pura creatività: «L’industria è la maniera del XX secolo, è il suo modo di creare. Nel binomio arte e industria, l’arte è la specie, l’industria la condizione».
Ico Parisi ama definirsi artista rinascimentale, per il suo interesse a tutte le forme d’arte e per sapere governare con eclettica misura una fantasia che non prevede confini, e che lo impone come uno dei principali artefici dello stile del mobile italiano negli anni Quaranta e Cinquanta. Insofferente alle etichette non vuole essere considerato un architetto, un industrial design o un pittore, ma una persona attenta a qualsiasi aspetto della creatività che gli possa dare l’opportunità di realizzare un oggetto originale e pratico. È convinto che il progetto architettonico e l’arredamento debbano essere concepiti come tutto un insieme.
Nell’opera di Franco Albini in tutte le sue declinazioni – architettura, interni e pezzi di design - convivono rigore del mestiere e fantasia poetica con una coerenza e passione così radicata da trasformare la teoria in atteggiamento morale. Il suo approccio come uomo e progettista è sempre acuto e ironico. Il suo stile raffinato e rarefatto celebra la bellezza della meccanica con sorprendenti allestimenti che sublimano il contenuto pratico nella metafisica di ardite nature morte, e dove gli oggetti sono tasselli di un mosaico fantastico dove l’industria diventa arte libera dallo scopo. La sua opera che spazia dall’edilizia al design, dagli allestimenti all’urbanistica, tende ad una essenzialità eternamente moderna.
Il design è lo specchio di una contemporaneità che si trasforma repentinamente: nei primi anni Settanta in diverse città italiane e straniere si formarono gruppi di designer e architetti che contestavano i princìpi del Razionalismo allora imperante: funzionalità, rigore, sobrietà. Messe al bando la severità e la "pulizia" dell'architettura razionale, che prevedeva, nelle sue espressioni più pure, l'abbandono di ogni forma tranne quella rettangolare e di ogni colore tranne i tre primari oltre al nero e al bianco - essi scelsero la via rivoluzionaria dell'ironia e del sogno, in linea con le contemporanee esperienze della Pop Art, dell'Arte Povera e Concettuale. Le forme audaci e sorprendenti, i colori sgargianti, i materiali industriali delle creazioni dei gruppi Archizoom, Superstudio, Ufo, Alchimia e Memphis, trasmettevano, infine, l'idea che si poteva superare la logica alienante della produzione industriale e del consumismo, anticipando di alcuni decenni l'attenzione al tema della salvaguardia dell'ambiente.
La funzione diviene bellezza senza tempo, arrivando sino a noi con tutta la suggestione di un’epoca di straordinaria creatività, segnata dall’incontro dello stile italiano con la grande tradizione manifatturiera, l’innovazione tecnica e il coraggio imprenditoriale. Da raccogliere con travolgente passione e voluttà, perché collezionare è un magnifico vizio dei sensi dove l’istinto scopre il piacere del bello, un mondo perfetto che per il connoisseur è presente e si rivela in ogni oggetto d’arte, che diviene un’entità totemica e taumaturgica, dove egli raccoglie il caos e l’ordine dei ricordi accumulati e dispersi per sempre.