La maison que j’habite, ma vie, ce que j’écris

 1-    Transmutations Brassaï

(Anthologie de la Poésie naturelle)

 di Henry Thoreau

 

“…sradicarono i colli circostanti, e nell’aria si videro/ Colline urtare contro colline, scagliate qua e là

Con impeto tremendo; si può dire che ormai combattevano / nel sottosuolo, in un’ombra sinistra; rumore infernale;

la guerra in tale strepito sembrava non essere/ altro che un gioco di società…”

(dal ‘Paradiso perduto’ di John Milton)

La fotografia del Novecento è stata segnata dalla presenza, soprattutto a Parigi, di folta schiera di immigrati ungheresi, partiti dai paesi della madrepatria per cercare fortuna in Francia e in Europa. Tra questi Robert Capa, André Kertész, Lazlò Moholy-Nagy, Lucien Hervé, il fotografo più amato da le Corbusier. Tra loro si distingueva un giovane talentuoso, tal Gyula Haslàz, nato nel 1899 a Brassò, in Ungheria ( “ ...non bastava aver talento per avere successo, bisognava anche essere ungherese...”). Gyula prese il nome di Brassaï, nato a Brassò, e, incoraggiato da Kertész incomincio a girare in lungo e in largo i quartieri di Parigi, soprattutto della Parigi notturna e malfamata. Divenne amico di una generazione di artisti legati al surrealismo, e tra questi, Breton, Dalì, Vollard e, perché no, l’amabile Picasso. L’amicizia di Brassaï con Picasso produrrà la serie delle Transmutation, un’opera quasi collettiva dove Picasso, pasticciando una foto di Brassai trovata per caso nel suo studio, fa partire l’intervento artistico dello stesso fotografo. Una serie di ‘femme transmuté’, la Femme-Friut piuttosto che l’Odalisque Transmutation’, raffigurano, mettendola in scena, l’ossessione s-compositiva di Brassaï, che dilaga nell’immagine del nudo femminile, modificandone il senso e la forma, l’erotismo implicito, come in ‘Offrande’, attraverso la sovrapposizione di un gesto pittorico elementare e infantile. Un’operazione che potrebbe ricordare certi automatismi grafici del pasticciare un’immagine, se non fosse che dietro al ‘Pastiche’ ritroviamo la mano e la poesia dello stesso Picasso. La spontaneità e l’automatismo di Brassaï arretrano di fronte alla maestà autoriale del Maestro.

Brassaï, Graffits, Sens Titre

Il Musee des Beaux Arts di Nantes, organizzò nel 1981 una manifestazione dedicata alla poesia nella città, un omaggio a Camille Bryen, poeta e pittore surrealista, cui partecipò un anziano Brassaï, per ricordare il suo contributo all’illustrazione della ‘Antologie de la poesie naturelle”, un volume pubblicato nel 1949 da Bryen, che raccoglieva frammenti di estetica urbana spontanea, non motivata da un ’intenzione, bensì da un’azione, un violento ‘actionnisme picturale’ ante litteram, utile a delineare una nuova forma di sensibilità figurale, basata sull’assemblaggio stocastico di elementi raccattati nei luoghi più estremi della città. Spazzatura visiva, trasfigurata dall’occhio del poeta-fotografo in un’essenziale ‘poesia visiva’, una sorta di archetipica e primordiale letteratura a-testuale.

Brassaï, Graffits, Sens Titre

La città divenne così, sotto l’occhio amoroso di Brassaï, un corpo vivo che si manifestava attraverso la vita, fermentata e levitata, delle persone che la abitavano, come un vino dolce e aspro al contempo, effimero e cangiante, permanentemente votato alla morte, e perciò stesso denso di una vis poetica anonima e straziante.

Brassaï, Graffits, Sens Titre

Ma la Città e il suo Spirito, inteso come manifestazione vivente e vitale dei suoi abitanti, un corpo unico che viene assorbito dalla superficie assoluta della vita, esprimono, attraverso questa tassonomia di segni, sopratutto la sofferenza e la disperazione dei singoli individui morenti, pur nel definirsi come l’orizzonte poetico privilegiato dal Nostro.

Brassaï, Graffits, Sens Titre

La città come il corpo assoluto di una forma spirituale che si traduce nell’ossessiva ricerca di segni spontanei, graffiati sui muri della sue periferie, ‘ Les ‘Graffits’, che appaiono numerosi e  in bell’ordine sul numero 3-4 de le ‘Minotaure’, a illustrazione di un articolo intitolato ‘...selon la suggestion de Paul Eluard “Du Mur des cavernes au mur d’usine”... ‘, con lo scopo di rivelare al mondo ‘ cet art bâtard des rues mal fammés’.

Brassaï, Graffits, Sens Titre

Un lungo racconto, che si snoda lungo l’arco di venticinque anni, ché tanto dura la sua passione amorosa per le mura più sordide della città degli ultimi.

Brassaï, Graffits, Sens Titre

I segni graffiati sui muri delle povere case delle Banlieue parigine rimandano immediatamente, sin dal titolo, all’arte spontanea dell’uomo preistorico, al graffito amigdalico operato da quel rozzo strumento di pietra che non segna ma scava con violenza la superficie di un immaginario poetico primitivo e spontaneo, che si apparenta perciò alla pura espressione di un inconscio ancora libero dalle manipolazioni di un Io civilizzato, un segno tanto spontaneo quanto inutile, privo cioè di quell’utilità auto-referenziale dell’arte contemporanea, senza performatività e senza un oggetto consapevole che non fosse la violenta carica aggressiva del suo estensore, destinato all’anonimato, all’oblio e alla distruzione, operata da un Tempo ostile alle speranze dell’uomo.

Brassaï, Graffits, Sens Titre