Behind the Gardens
di Silvio Fuso
C'è un modo singolarmente pedante di affrontare il rapporto tra produzione di immagini e produzione di parole: consiste nel far la storia del famoso "ut pictura poesis" partendo da Simonide per fermarsi all'altezza, più o meno, di Lessing e del suo Laocoonte.
E’ a disposizione di tutti il fondamentale saggio di R.W.Lee (ne conservo una copia dal lontano 1974 ) a questo tema completamente dedicato e tuttora attualissimo. Farei tuttavia un'eccezione per Leon Battista Alberti e per il concetto di "historia" presente nel De Pictura. Penso infatti che dalle sue straordinarie considerazioni sia nata la narrazione artistica occidentale, in parola o immagine, dando vita a quell'umanesimo tragico così magistralmente descritto da Massimo Cacciari.
Questo spartiacque albertiano (e leonardesco! ) complica e intriga ogni possibilità della sopra citata cronaca pedante e/o neutralmente filologica, mentre si intravede un fondo primordiale, sorgivo, dietro la facoltà stessa di espressione dell'uomo, qualcosa che nessuna "storia di" potrà cogliere o descrivere.
Qualcosa che rende insignificante la giustapposizione pacata di pittura e poesia e ci fa capire i perché della miseria artistica contemporanea, spingendoci là dove nascono quelle che a noi sembrano insanabili lacerazioni.
Possiamo chiamarlo luogo o, azzardando, giardino, paradiso, come lo definiscono due studiosi del calibro di Hubermann e Cuniberto e, quel che è più importante, ne affermano la concreta "incarnazione”. Se esiste davvero la "terra come tale", noi la possiamo raggiungere con i nostri, poveri, bensì sommi strumenti, come certa, abbagliante presenza: artisti, poeti, visionari la incontrano nei loro solitari pellegrinaggi. Ma, forse, tutti noi bambini ne abbiamo fatto feconda anche se inconsapevole esperienza: "di qui l'emozione che ci sommerge in questi istanti di presenza. Eravamo enigma, eccoci ormai evidenza" (Yves Bonnefoy)