Trasparenze
di Maurizio Barberis
“…Per rappresentare un certo spazio con tutto il suo contenuto di punti è necessario, per parlare in linguaggio figurato, o ridurlo in una polvere infinitamente sottile e, dopo averlo accuratamente rimescolato, spargerlo sul piano della rappresentazione, in modo che della sua organizzazione originaria non resti neppure la memoria, oppure sezionarlo in una infinità di strati, così che qualcosa della forma resti, ma disponendo poi questi strati, per un verso, con delle ripetizioni degli stessi elementi della forma e, per un altro facendo penetrare reciprocamente questi elementi gli uni negli altri, in modo che ne risulti un’incarnazione di alcuni elementi della forma negli stessi punti della rappresentazione…” ( Pavel Florenskij, Questioni teoriche, in ‘La prospettiva rovesciata’, 1919)
Possiamo penetrare il segreto e la strategia dell'atto del nascondere attraverso due livelli di attenzione. Il primo livello, di chiarificazione, corrisponde all'oggetto della rappresentazione, che apre al chiarimento attraverso una tecné, la scienza prospettica, attraverso il postulato dell’essenziale punto di vista. Una tecnica della visione che impone una conoscenza delle strutture logiche dell'immagine, una dimensione speculativa più simile a una scienza che all'esperienza diretta dell'oggetto estetico. Il secondo livello assume l'anamorfosi come atto-in-sé, come forma che si appropria dell'oggetto attraverso l'analogo. L'immagine diviene analogica sostituendo il verosimile oggetto del rappresentare, ponendosi infine come unica forma esperibile, vero ‘centro’ della figura. Attraverso questa specifica condizione, l’analogia, l'anamorfosi si trasforma in memoria dell'atto conoscitivo, dell'azione gnostica che lacera il velo dell'offuscamento, per riappropriarsi dell'unità fenomenica del conoscere. Si presenta così il paradosso di un'immagine che, pur pensata nella particolare forma della doppia visione, favorisce l'unità apprensiva dello sguardo. Fonda la funzione conoscitiva nella visione e nello sguardo, anziché nel pensiero razionale. La visione acquista così una possibile autonomia, nella direzione della conoscenza e dell'interpretazione del mondo. L'anamorfosi, in quanto soggetto attivo della visione, compie per mezzo suo un primo passo verso la dissoluzione dell'universo prospettico, verso l'autonomia del modello.
Tutto questo è implicitamente compreso nella forma stessa dell'anamorfosi, dei valori di cui questa particolare declinazione dell’immagine è soggetto fondante. L'idea di una doppia realtà si esprime nell'autonomia del significato, divenuto così parte attiva dell'esperienza estetica. Ritroviamo condizioni analoghe nel fenomeno della trasparenza, dove questa si traduce allo sguardo come duplice e unitaria al medesimo tempo.
La trasparenza comporta la presenza del percetto attraverso la percezione dell'assenza dell'oggetto percepito. L' assenza di opacità conduce ad esperire la forma sintetica della trasparenza. Anche in questo caso l’immagine si ricompone per analogia, attraverso il ricordo di esperienze precedenti. La percezione della trasparenza, di un'assenza oggettiva di materia densa e opaca, trasforma quindi due o più immagini collocate in tempi e spazi differenti in una visione unitaria.
Non si dà esperienza della trasparenza se non attraverso la presenza simultanea di due o più luoghi/tempi differenti all'interno della stessa sensazione visiva. In contraddizione apparente con quel principio fisico dell’immagine fotografica che vuole spazio e luogo come unità perfettamente coincidenti. La visione fonda così un'esperienza cognitiva che precede il pensiero razionale nella direzione dell'autonomia dei processi visivi.
All'aumentare dell'opacità del medio trasparente inoltre, attraverso una deformazione delle condizioni originarie del mezzo, la trasparenza acquista spessore visivo, viene percepita come trasparenza-in-sé. Il vero modo della trasparenza non è ciò che appare, ma la trasparenza stessa in quanto invisibile prodotto della deformazione dell’immagine. Irrappresentabile, appare comprensibile solo nel divenire fenomenico della sua azione. Il fenomeno si trasforma in immagine del fenomeno e l'immagine diviene la concreta rappresentazione di un’esperienza. Il velo è la cosa velata, la cosa velata è il velo. Il tutto compreso in un' unico sguardo che contiene sia le strategie dell’azione del celare, che quelle dell'atto che svela.
Segreto indicibile e al medesimo tempo atopico. ‘Indicibile’ è la forma stessa della rappresentazione, ‘atopica’ perché priva di un luogo proprio, circoscrivibile e differenziabile. L'atopia chiude l'esperienza della rappresentazione in uno spazio immaginale, privo di delimitazione, sostenuto solo dall'intuizione della sua virtualità. L'intelletto si avvicina, grazie ad esso, alla percezione del sovra-umano, a ciò che non si manifesta alla nostra esperienza attraverso i sensi, rimanendo relegato alla sfera dell’inconscio. L'anamorfosi ora, per la complessità della sua struttura formale, può essere collocata, in quanto nascondimento, tra le non-intenzionali rappresentazioni del territorio atopico, e tra queste la più evidente è associata alla rappresentazione della morte. L'atopia, in quanto anamorfosi, è divenuta inconscia raffigurazione della morte, di un luogo di transizione, associato alla perdita di sensorialità. Un corpo senza materia.
La visione guida ora il passaggio tra la forma come prospettiva razionale e la forma che si dà solo come puro apparire, come assenza e, al tempo stesso, come atto del nascondere.
“…I traced a circle in the ground, It was a mystic figure strange Wherein I thought there would abound Mute symbols adequate of change, And complex formulas of Law, Which is the jaws of Change’s maw.
My simplest thoughts in vain had stammed The current of this madness free, But that of thinking is condemned To symbol and analogy:………………………………….”
( From the Circle, by Alexander Search (Pessoa))