Tempo e sguardo
di Alfonso Femia
Realismo immaginario
La nostra idea di architettura è di nutrire il reale con l’immaginario, di praticare il reale rispondendo alle esigenze ma conferendo al progetto una visione, un ruolo, un racconto capace di costruire mondi.
Noi non dobbiamo dimentIcare chI siamo:
TERRITORY, territorio, LANDSCAPE, paesaggio, CITY, città, ARCHITECTURE, architettura, REASON, ragione, INTIMACY, intimità, MATTER, materia, IMAGINARY, immaginario, … FEELING, sentimento.
L'architettura è prima della bellezza, prima dell'estetica, prima dello spazio l'incontro tra l'immaginario e il reale. L’uomo ha attraversato il tempo attraverso la paura, il viaggio, la scoperta, l’ambizione, l’immaginario, il sogno… per arrivare oggi forse dove molto di tutto questo si è perso dimenticando per primo come materia fondativa e di riferimento il tempo.
Siamo obbligati a correre con il tempo veloce della contemporaneità, ma possiamo affiancare a questo un tempo, un “momento lento” che ci permetta di rallentare ... e volgere lo sguardo. Dobbiamo quindi rallentare e volgere lo sguardo, durante il percorso veloce.
Tutto ciò non è razionale, non è metodo, non è processo … è sentimento.
Si sono dette e fatte molte cose, ma è un tempo senza memoria, senza sguardi, senza coraggio, senza visione, senza piacere, un tempo decadente e mediocre, seppur straordinario come passaggio tra tempi diversi. Rallentare, volgere lo sguardo ci permette di scoprire un immaginario reale.
L’arte nelle sue diverse rappresentazioni, ci permette di ribaltare lo sguardo per veder le cose, di aprire mondi o di ritrovarci dentro mondi che ci fanno comprendere diversi significati.
Il progetto è uno sguardo
Occorre ripartire dalle cose più semplici, anche dall’ovvio, per rivederle sotto un’altra luce. Nell’architettura contemporanea spesso non succede mai niente. Vi è solo una esecuzione di consapevolezza, di ripetizione possibile, perfetta, regolare, che deve contemplare il tutto già visto e conosciuto. Non c’è disturbo, sorpresa, meraviglia, domanda, dubbio, errore.
Crediamo che l’architettura viva e debba vivere metamorfosi percettive legate allo spazio e alla luce, alla materia e al tempo. La visione deve partire da tutto ciò per essere costruita. Ci attrae pensare a ritmi e sequenze, sia operative che spaziali, come partizioni musicali, e ognuna di questo sono riferite a far vivere l’architettura dal momento in cui si concepisce sino alla realizzazione. Per questo anche lo sguardo deve essere reiterato nel tempo, e per questo chiediamo a diversi fotografi di tornare nel luogo, di conoscere il contesto, nei diversi momenti, con la diversa luce, con le diverse condizioni atmosferiche e di vita, con i diversi tempi.
Occorre prendere il tempo per non perdere il tempo. Occorre rallentare … ovvero essere generosi, ovvero stabilire un rapporto quasi intimo con il progetto … ovvero pensare alla costruzione di un sentimento e come questo viene vissuto. Tempo e luce sono la materia principale dell’architettura, capace di parlarci di scoperta, meraviglia, orizzonte, intimità, sentimento, trasformando l’ovvio, la regola in un viaggio. Amiamo disegnare il paesaggio nel paesaggio, affinchè il progetto diventi narrativo non solo di se stesso ma del suo rapportarsi con il locus. Amiamo le architetture, le città, i territori cronotopici.
“il paesaggio non è là dove finisce la natura ed inizia l’artificiale, ma una zona di passaggio, non delimitabile geograficamente, ma più un luogo del nostro tempo, la nostra cifra epocale” … “ho fiducia e sono convinto che ogni architettura, nel suo semplice darsi ed esistere nel mondo esterno, aumenti di fascino” … “ la soffice leggerezza delle nuvole pare contenere la segreta geometria di un disegno tracciato da una mano sapiente. Questo lavoro sul paesaggio italiano, vorrei che apparisse un po’ cosi, come questi disegni mutevoli; anche qui una cartografia imprecisa, senza punti cardinali, che riguarda più la percezione di un luogo che non la sua catalogazione o descrizione, come una geografia sentimentale dove gli itinerari non sono segnati e precisi, ma ubbidiscono agli strani grovigli del vedere”.
Luigi Ghirri, Paesaggio Italiano