Il Tao dell’Arte e l’arte del tao.

di Henry Thoreau

L’arte in Oriente  e Occidente: per uno sguardo diversamente intelligente.

 Si fa presto a dire Tao. Ma qual’è la relazione che ha lungamente accompagnato il magico e misterioso mondo d’Oriente all’arte dei nostri giorni?

Kazimir Malevic, Cerchio nero, Olio su tela, 1913, Museo Russo di Stato

Kazimir Malevic, Cerchio nero, Olio su tela, 1913, Museo Russo di Stato

Un interesse, iniziato (forse) con il simbolismo, che ha accompagnato a lungo il sotterraneo lavorio dell’artista. Grazie agli influssi del lontano oriente l’arte diviene pratica spirituale, una via ascetica di liberazione dalle pastoie dell’Io. Una tecnica, attraverso cui ottenere una perfetta identificazione dell’opera con l’autore e dell’autore con l’opera. Una sorta di transfer psichico che attualizza la reintegrazione dell’uomo con il tutto. Nel tratteggiare la figura di Rembrandt Georg Simmel postula l’esistenza di due differenti approcci alla messa in scena dello Spirito.

Calligrafia di Jiun, Interpretazione del carattere uomo, Giappone, XVIII° secolo

Calligrafia di Jiun, Interpretazione del carattere uomo, Giappone, XVIII° secolo

Un primo e dominante è quello di un’arte dogmatica, che riflette sulla tela e sul marmo principi estranei alla cultura e alla personalità dell’artista. Quasi tutta l’arte pre-moderna riflette questa particolare condizione, che fa del lavoro di un artista una mera applicazione di abilità tecniche. La seconda, che coniuga personalità molto diverse, come il Beato Angelico e Rembrandt, muove dall’idea di un’arte come integrazione e non come rappresentazione.

Franz Kline, Monitor 1956, Milano Collezione Privata

Franz Kline, Monitor 1956, Milano Collezione Privata

Le figure di Rembrandt ‘sono’: non semplici immagini, ma figure in se, presenze, proprio in virtù di una identificazione perfetta tra l’autore e l’opera. L’universale discende nel particolare, e da qua si muove una via che unisce oriente e occidente in un’unica utopia, quella della liberazione dell’uomo dalle sue contingenze. E’ soprattutto un soggetto che nell’arte unisce oriente e occidente, una visione della natura che ha come obiettivo quello di tradurre un’intensa spiritualità in una forma di contemplazione ‘integrata’: la pittura di paesaggio, così come si sviluppa a partire dalla Riforma e che trova, in occidente, il suo climax nel Nord Europa.

Hou Yeou-K’ouen, Paesaggio, Cina, xvii° secolo

Hou Yeou-K’ouen, Paesaggio, Cina, xvii° secolo

Benché debitrice al Petrarca del Monte Ventoso, fonda una sua autonomia concettuale nel lavoro di pittori come Claude, Corot, Ruysdael, etc. Epoche diverse ma eguale sensibilità. A questi fa eco un’arte sottile e impregnata dalla visione taoista, in Cina e in Giappone, dove Il paesaggio diviene figura via via più rarefatta, sin quasi ad identificarsi con il segno calligrafico. Analoghi passaggi troviamo nell’arte di Mondrian e, soprattutto, nel Suprematismo del russo Malevic, il cui quadrato nero rappresenta un’insuperata linea di confine verso la non-rappresentazione, verso quel tentativo di mettere in scena quella strana idea della coincidenza perfetta dell’Essere con il Nulla.

Piet Mondrian, Mare, 1914 c., New York, Collezione H.Holtzman

Piet Mondrian, Mare, 1914 c., New York, Collezione H.Holtzman

Il progressivo annullamento di qualsivoglia forma di rappresentazione conduce, attraverso la trasfigurazione in segni elementari, al completo annichilimento di ogni raffigurazione, all’utopia dell’immagine perfetta, al Chef D’Oeuvre Inconnu, al Suprematismo e alle concettualizzazioni dell’arte americana del primo dopoguerra, Informale e Minimalismo in testa. Kline, Rothko, Newman e Pollock, si affannano a negare qualsiasi parentela con l’arte orientale, benché sia evidente la rapina culturale. L’obiettivo finale di entrambe le culture, almeno in apparenza, resta quello indicato qui sopra, ovvero il processo, la “via”, che porta alla perfetta identità di autore e opera, intesa come realizzazione dell’essere, di quell’essere il cui limite supremo è il nulla cosmico: Il Tao, che significa appunto via, percorso, strada.

James Lee Byars, The Palace of perfect, Kewenig, Berlin, 2019, PH Stephan Müller

James Lee Byars, The Palace of perfect, Kewenig, Berlin, 2019, PH Stephan Müller

L’aporia contenuta in questa prospettiva è data dalla presenza ‘materiale’ dell’opera, che pur considerata come residuo speculare di un’operazione pseudo alchemica, acquista, paradossalmente, valore in se, prima come testimonianza, poi come feticcio, infine come oggetto di speculazione economica. Se l’arte non produce più oggetti, ma è solo testimonianza di un’esperienza, di una processualità, l’oggetto venduto corrisponde perfettamente a quel nulla invocato dalle discipline di integrazione taoiste e zen, che prevedono, alla fine del loro percorso, l’annullamento dell’io e di ogni valore oggettuale dell’opera, la sua re-integrazione nel vuoto cosmico. L’esperienza può essere solo vissuta, non rappresentata e tampoco venduta.

Alfred Stieglitz- Equivalent, 1927, Estate from Alfred Stieglitz, Victoria and Albert Museum

Alfred Stieglitz- Equivalent, 1927, Estate from Alfred Stieglitz, Victoria and Albert Museum