Situs sive detritus
I- Residui ?
di Maurizio Barberis
A- Resto o residuo? Il resto è la differenza tra due unità, il risultato di una sottrazione. Il residuo è un filamento che dal passato arriva sino al presente, che congiunge il passato con il presente e contribuisce alla percezione unitaria (psicologica) del tempo storico. Il residuo è ciò che rimane, ciò che persiste nel tempo, di un’azione, di un pensiero, di un luogo, di un tempo, di una persona.
B-... i luoghi possono essere definiti, indicati, circoscritti o caratterizzati, attraverso le persone, mentre le persone possono essere descritte attraverso la loro appartenenza ad un luogo...
A- Il filamento residuale è ciò che ci consente di definire un luogo attraverso una persona o una persona attraverso un luogo. Le persone portano a volte sui loro volti le tracce residuali dei posti dove sono nati e dove hanno vissuto, e attraverso i loro sguardi ci consentono di intendere il senso più misterioso e nascosto dell’appartenenza.
B-…viceversa i luoghi parlano, a un occhio attento ai valori residuali, delle persone che li hanno vissuti, fondati, abitati, appartenuti, attraverso i residui (oggetti ma anche azioni, sensazioni, relazioni...) che queste lasciano dopo il loro passaggio…
A- Niente è eterno, ma qualcosa dura più del tempo dell’uomo. La fotografia non rappresenta la realtà bensì la deforma, la limita attraverso le sue scelte restituendo un’immagine inconcepibile, magica perché somma di passato, presente e qualche volta anche di futuro. Residuale.
B-…non è il soggetto fotografato a essere un filamento residuale, bensì la fotografia stessa, in quanto, per definizione, somma di valori diacronici…
A- Ma non bisogna confondere il margine con il residuo, poiché il margine, sfocato, appartiene alla periferia del presente.
B-…non a caso una delle ossessioni del fotografo è di rendere perfettamente a fuoco l’intera superficie fotografata, cosa che, dal punto di vista percettivo, è assolutamente inconcepibile…
A- Mentre il residuo, sempre focalizzato, costituisce il centro del passato. Il sapore di una madeleine è perfettamente focalizzato nella mente di Proust, mentre forse non saprebbe indicare con altrettanta precisione il colore della tazza appoggiata sul bordo del suo comodino. Il residuo è un avanzo, non uno scarto, è ciò che rimane e perdura nel tempo di un’azione o attraverso l’effetto immediato di quell’azione- la sensazione che ne deriva- o attraverso l’effetto trasferito nel tempo dalla memoria di quella stessa sensazione, enfatizzata da un transfert visivo.
B-…ma quale è il valore residuale del tempo? La memoria? Oggetti e cose che rimangono? Icone pittoriche o fotografiche? Il suo valore residuale è qualcosa del tempo-in-sè che permane nell’immediato come sensazione del passato.
E’ il risultato dell’azione del tempo…
A- Ma se le cose appartengono sempre, fenomenologicamente parlando, al tempo in cui vengono percepite, e cioè all’eterno presente in cui siamo costretti a vivere, se le icone condividono da una parte lo statuto della memoria di mero strumento e dall'altra la condizione di un qualsiasi oggetto fenomenico, se ne dovrebbe dedurre che il tempo non potrà mai avere alcun valore residuale. Ma è davvero così? Prendiamo l’esempio dell’esposizione fotografica, dove dare più tempo o meno tempo del necessario comporta una sovraesposizione o una sottoesposizione della pellicola. In tal caso la differenza tra il tempo corretto e quello impiegato si pone come uno scarto temporale che assume il valore di residuo nell’errore che viene percepito o nell’eccesso o nel difetto di luce dell’immagine.
B- …fotograficamente parlando l’errore è quindi il filamento residuale che ci consente di percepire la consistenza fenomenica del tempo....
A- Viceversa lo spazio è definito, circoscritto e limitato attraverso i luoghi. I luoghi sono la caratterizzazione fenomenica dello spazio. Ma come posiamo intendere il valore residuale che appartiene a un luogo, che ci consente di identificare un luogo come sommatoria di tutte le azioni, di tutte le sensazioni da queste evocate, in assenza delle persone che le hanno compiute e spesso anche dei loro risultati concreti?
B- …o meglio, come possiamo intendere ciò che rimane della sostanza di un luogo dopo che ciò che lo ha caratterizzato, per esempio una città, una casa, un giardino, permane non nella memoria di un vissuto che non abbiamo, e neppure nella sensazione come residuo di azioni passate, ma solo nella decadenza delle cose?..
A- Forse solo attraverso la rovina, ovvero ciò che rimane fisicamente a rendere testimonianza nel presente di una condizione aurea del luogo, il suo particolare ‘genius loci’, ovvero quel tratto distintivo che rende unico un posto in quanto somma e stratificazione di tutto ciò che in quel luogo è accaduto. Ovviamente il genius loci non è caratterizzato solo da ciò che l’uomo vi ha realizzato nel corso del tempo ma dalla somma di questo con i suoi caratteri ambientali e climatici.
B-…il filamento residuale è in questo caso una sorta di valore entropico che ci permettere di percepire le caratteristiche di una cosa, al di là della sua presenza fisica, solo nel suo disgregarsi nell’infinitezza del suo telos negativo, attraverso il particolare modo attraverso cui la natura divora la ragione...
A- Infine le persone. Attraverso la fotografia possiamo riconoscere, anche in presenza di elementi molto sottili o molto deformati, i tratti residuali che ci fanno riaffiorare alla memoria il carattere di una persona conosciuta o ci illuminano sul carattere di un persona che non abbiamo mai visto prima. Il valore residuale di una persona, in fotografia, è quindi il suo fantasma, così come appare e si delinea piano piano, apparendo dal nulla della bacinella dello sviluppo, venendo da un passato di cui ormai non esiste più traccia, se non nel residuo fantasmatico che appare sulla carta fotografica. Ciò che crediamo di vedere è solo l’impressione di una realtà che non c’è, che non c’è mai stata e che probabilmente non ci sarà mai.
B-…un fantasma, appunto...