Anamorfica
L'anamorfosi è immagine dalla doppia forma, figura che appare allo sguardo come diversa dall'intenzione, dal luogo 'manifesto' del percetto. La figura, in quanto verità della rappresentazione, appare diversa dalla sua configurazione in quanto verità dell’intenzione. L' enunciato è volutamente diverso dall'enunciazione. Una lettura ambigua, doppia, attraverso cui si evidenzia l'immagine in quanto segreto. L'anamorfosi appare dunque come il segno visibile del nascondere, della deformazione prospettica come intenzione vocata al segreto. Postula un modello di rappresentazione indiretto, una finta configurazione, che confonde lo sguardo attraverso un'iperbole del significato. L' immagine, somma di più significati nella stessa configurazione, si manifesta così allo sguardo attraverso il segno con-prensibile di uno solo, il meno importante e il più visibile. Nell' anamorfosi la deformazione prospettica traduce l’immagine in una texture 'confusa', vibrante, che riacquista il suo valore solo grazie alla conoscenza delle regole del gioco, grazie alla posizione complice dell’osservatore-testimone, grazie all'esatto punto di vista, al punto di applicazione dello sguardo alla figura prospetticamente rovesciata. L'anamorfosi appare quindi più simile a una tecnica, a un gioco sapiente, piuttosto che all'oggetto di un'esperienza estatica della fruizione dell’arte. Le rigide regole costruttive, e la loro necessaria interpretazione, lo apparentano più alla semantica che alla forma espressiva dell’immagine. Più rappresentazione che forma, l'anamorfosi inverte il rapporto tra la chiarezza espositiva e il suo valore referenziale, pervertendo la leggibilità dell'informazione contenuta nell’immagine, che si presenta, nell'universo convenzionale delle rappresentazioni, in quanto segno significante, come il mondo-così-come-è.
1- Prospettive.
di Maurizio Barberis
Il mondo come appare e il mondo come vorremmo che fosse. Natura contro cultura, impressione contro convenzione.
L'anamorfosi si pone come un doppio, speculare, della prospettiva: la prospettiva come la chiarezza della luce rinascimentale, l'anamorfosi come l'oscurità della forma barocca. Suoi parenti prossimi lo specchio e lo spazio effimero degli altari del Pozzo, il quadraturismo della contro-riforma e della compagnia del Gesù, e la teoria della doppia verità, ovvero l’inganno come possibile svelamento. Inversione e perdita costituiscono i suoi fondamenti teorici. Inversione del chiaro nello scuro, perdita della centralità dello spettatore, perdita della distanza etica dalla rappresentazione.
L'anamorfosi occupa idealmente il punto centrale della forma barocca, ne descrive lo spazio e le complessità teoriche meglio di qualsiasi altro artifizio geometrico. Paradossalmente perfetta nella sua centralità, si offre immediata allo sguardo, evitando ogni nudità, parodiando le forme esteriori della conoscenza scientifica.
Lo spazio della rappresentazione si divide ora tra le superficialità del dogma, la messa in scena del culto, e le profondità dello spirito, le virtù offerte solo allo sguardo dell’iniziato. Punto di fuga e punto di vista si corrispondono, poiché il punto di fuga dell'immagine coincide con il punto di vista dello spettatore, reso così complice allo sguardo.
Ma tutto questo sarebbe solo un gioco se, a un certo punto della storia, rappresentazione e anamorfosi non coincidessero, nel culto controriformista, in una sorta di iper-realtà prospettica. Punto di fuga e punto di vista sono in corrispondenza analogica, di reciproca e biunivoca necessità. Solo da questo dipenderà la possibile corretta interpretazione della rappresentazione e la conseguente messa in luce della forma.
L'immagine si apre all'interpretazione, mentre la forma è chiusa nella la coincidenza del punto di vista con il punto di fuga. Il punto di fuga è unico, mentre il punto di vista è compreso in un'area interpretativa piuttosto ampia, ampia almeno quanto il campo visivo. Così la coincidenza dei punti geometrici, fuga e vista, obbliga l'osservatore alle tortuosità di una prospettiva invertita. Il punto di fuga è sempre necessario, mentre il punto di vista no. Ciò che consente l'interpretazione dell'immagine è dunque solo una delle tante posizioni che permettono la lettura e l’eventuale decodificazione del senso.
Il punto di vista appare, nella rappresentazione prospettica, sempre fluttuante, non sostanziale, mentre nell’anamorfosi il verso corretto dell’immagine viene stabilito solo attraverso la coincidenza con il punto di fuga, ribaltando il punto di vista dentro l'immagine. La prospettiva contiene la propria centralità dentro la rappresentazione, e coincide con il punto di vista di chi ha stabilito l'esatta posizione del punto di fuga. Così facendo si colloca l'atto conoscitivo della rappresentazione nel cuore stesso dell’immagine.
L'anamorfosi invece porta l'azione fuori dalla rappresentazione, determinando l' eccentricità dell' autore, ritornato spettatore, fuori dalla scena dell'opera. Il centro del mondo rinascimentale sta nel cuore dell'idea o della sua rappresentazione, dove Eidos e Logos coincidono, mentre il Seicento colloca questo centro in un altrove fuori dall'immagine, in un compossibile altrove, popolato di infiniti centri, sebbene unico e necessario punto di vista sul mondo. La giusta distanza ne garantisce un uso corretto. La visione prospettica colloca al centro l'ideale-reale della sua rappresentazione, non conoscendo altra possibilità, se non quella di stare nel cuore stesso della conoscenza.
La monade leibniziana è viceversa un albero, con la chioma nel cielo e la radice che affonda nell'infinita diramazione dei mondi. Luogo di tutti i luoghi, ombra infinita, è l'oggetto più vero dell'immagine barocca. L'anamorfosi ci rappresenta nell'ombra, nella zona più oscura dell'anima. Ma nella massima ambiguità dell'immagine, così ci appare l'anamorfosi, non c'è spazio per possibili ambiguità del senso. L'immagine è doppia, il significato unico.
Dove tutto si presenta allo sguardo come confuso e indeterminato, dove regna apparentemente la legge del caso, l’angelo della lettura ci guida verso un unico segno. L'anamorfosi nasce dal profondo, dall'ombra, ma ci appare come segno di superfice, privo di possibili ambiguità. L' esoterico si riduce a puro esercizio grafico e il senso si offre all'immagine solo grazie alla tecné della geometria.
Analogamente allo specchio, l'anamorfosi rende virtuale, effimero, lo spazio. E' un Modello, codificato e codificabile, che si attiva solo alla presenza dello spettatore. La cui presenza è condizione imprescindibile, affinché il segreto anamorfico possa acquistare la sua potenza retorica. La prospettiva, scienza rinascimentale della raffigurazione e dei piani, genera un doppio che porta alla luce la sua parte più inaccessibile, più segreta, che scartando l'infinità pluralità delle visioni si appropria di un solo punto di vista. Un dogma, appunto. L'immagine barocca appare come unitaria, mentre in realtà è il risultato dello sforzo interpretativo della figura, stigma della doppia verità di una appartenenza e di un segreto. Segreto che ci riporta in mente l'immagine gnostica della caduta dell'anima, l'idea che il mondo dei sensi altro non sia che la prigione nella quale l'anima, frammento di luce, è stata gettata. Il mondo delle apparenze rappresenta la prigione dello spirito, e i sensi il gioco sottile dei continui inganni che la materia, perversamente, pone tra l'occhio dell'anima e la luce della verità.
I sensi celano, anziché svelare. Il mondo della luce, della chiarezza visiva, si confonde di fronte allo sguardo degli uomini, poiché è ancora materia l'oggetto di tale vedere. La vera conoscenza, gnosi, è la vera vista, in grado di strappare il velo dell'inganno, aprendo una strada verso il mondo dello spirito, il vero Pardes. I sensi appaiono però fondamentali alla gnosi, perché, correttamente guidati, possono costituire il ponte attraverso cui ritorniamo alla vera conoscenza. Solo attraverso di loro possiamo svelare il segreto, racchiuso nel cuore dell'immagine, di cui essi sono implicitamente custodi. La vera conoscenza, la gnosi, potrà così infine essere riconquistata a condizione di ricordare la vita che precede la caduta. E' il ricordo, dunque, e attraverso di esso, la rappresentazione, che consente il ri-presentarsi sulla scena della memoria non di un percetto, di una forma legata al mondo dei sensi, bensì della nostalgia della perfezione luminosa dell'universo increato. E' grazie a un atto di volontà che possiamo strappare il velo, addormentare il drago, riappropriarci del segreto che giace nel fondo dell'anima. Le cose del mondo impediscono la vera conoscenza, che solo grazie allo shock prodotto dall'immagine, si riappropria di un punto di vista unificante e indiviso.
“… Nella storia dell’umanità, la religiosità si manifesta in due forme fondamentali…Da un lato si pone l’oggettività dei fatti religiosi ed ecclesiastici, un mondo chiuso in se stesso, costruito secondo leggi proprie, e affatto indifferente, nel suo senso e valore, nei confronti dell’individuo, che può solo accettarlo e venerarlo. D’altro lato vi è invece la religione posta esclusivamente nella vita interiore del soggetto, o meglio che si dà come vita interiore del soggetto; quei culti e quelle istanze trascendenti possono essere o meno realtà metafisiche, ma tutto ciò che è religiosamente significativo risiede ora totalmente nell’indole e nei moti dell’anima….La più grandiosa realizzazione storica dell’oggettività del mondo religioso è il cattolicesimo; non si può invece indicare una realizzazione analoga dell’altra direzione fondamentale dell’esistenza religiosa…”
( Georg Simmel, Rembrandt, Un saggio di filosofia dell’arte, )