Andrea Picini lo ricordo bene.
di Andrea Schubert
Il primo incontro fu quando quindicenne passai in galleria dopo la scuola. Lui esponeva in quel periodo alla Galleria Eros ed era venuto per mostrarci il suo lavoro e per invitarci a vedere la mostra. Ero arrivato trafelato, e, come al solito, paludato nell'eskimo, con la mia giberna comprata alla Fiera di Senigalia.
Per rompere il silenzio e il mezzo imbarazzo di Picini, dovuto alla mia giovane età (allora dimostravo molto meno degli anni che effettivamente avevo), mia madre mi chiese se fossi pronto per l'interrogazione di latino del giorno dopo, e io, scherzando, tirai fuori un pupazzetto dalla cartella e dissi: "mi mancano solo gli spilloni ed è fatta".
Lui non colse l'ironia ma sgranò gli occhi e crebbi molto nella sua stima. Una stima che durò negli anni e si consolidò in una bella amicizia. Ogni volta che veniva a Milano passava a trovarci. In quelle occasioni mi raccontava qualche aneddoto della sulla sua vita, varia ed avventurosa, una vita fatta di amicizie vere e sincere, passata tra Roma, Milano, Parigi, Zagabria, e, negli ultimi anni Goa. Quante storie epiche aveva vissuto. quanti personaggi incredibili aveva frequentato.
Solo dopo molti anni mi confidò che la mia scelta del voodoo, più che lo studio del latino, lo aveva aiutato nel concepire una delle sue opere: "il diavolo", soggetto ricorrente in una serie di opere tra dipinti, sculture e gioielli, che alternava e integrava alle opere di sfondo erotico.
Era il 1995, ventidue anni dopo quell'incontro, dopo una mostra e numerose partecipazioni a collettive, durante la sua personale nella nostra galleria, intitolata "Ecologia politica", un po' imbarazzato, mi disse di essere di ritorno dalla Tunisia. Si recava spesso ad Hamammet ospite di Bettino Craxi, suo amico da lungo tempo.
Bettino, anche su suo incoraggiamento aveva iniziato a realizzare opere d'arte. Lui avrebbe voluto organizzare una esposizione di quei lavori. Sul momento non mi sentii proprio di accontentarlo, ma per non deluderlo gli dissi che andava bene, ma l'avrei allestita solo in una delle tre sale della galleria, mentre nell'altra si sarebbe dovuta tenere una retrospettiva delle opere di Amintore Fanfani. Per "par condicio". Gli si illuminarono gli occhi. "Bella idea. Torno a Roma e ne parlo" Non lo sentii per un po' e la cosa finì li. Solo nel 2009, dopo la sua scomparsa avvenuta nel 2003, grazie al Museo a lui dedicato potei rimediare. Esposi le opere di Bettino Craxi assieme alle sue, in una sorta di omaggio alla memoria.