Joana Vasconcelos: an interview
di Patrizia Catalano
Joana Vasconcelos è un’artista molto apprezzata e riconosciuta. La sua è un’arte ‘al femminile’ termine un po’ facile per definire chi, come lei, orienta la ricerca artistica verso tematiche legate alla quotidianità, agli oggetti d’uso domestico o personale.
E naturalmente li stravolge trasformandoli in qualcosa di immaginifico, ironico, paradossale. È portoghese. E questo significa molto per lei. È donna. E anche questo ha una valenza specifica. Infine ha una presenza fisica imponente che ricorda certe figure della mitologia pre ellenica piuttosto che le amatissime donne di Botero. Lo scorso anno accetta una collaborazione con Roche Bobois e realizza Bombom, una divano molto giocoso, divertente, colorato, e anche comodo.
Ora fa strano che un’artista come lei, le cui installazioni visionarie sono state ospitate nei più prestigiosi musei internazionali, accetti di cimentarsi in un progetto di design industriale, seppur eccentrico e nel suo stile. D’altronde se la vita quotidiana è fonte di ispirazione per Vasconcelos, ci sta che arrivi anche a ‘giocare con il design’, non è così?
“Io credo” racconta Joana “che siamo profondamente influenzati da quello che ci circonda, dagli oggetti quotidiani con cui viviamo. Nelle mie creazioni uso molto l'uncinetto che è un prodotto dell'ambiente domestico - non è nemmeno possibile farlo industrialmente con dei macchinari -, è una tradizione familiare che si tramanda di generazione in generazione. È un’abilità, dall’estetica affascinante e incantevole, ma appartiene alla sfera dello spazio domestico, lo spazio privato, è un processo intimo nella sua natura. Ed è un processo che apprezzo profondamente, perché conosco la quantità di tempo e gli sforzi che è necessario dedicarle. Nei miei viaggi, molto spesso compro pezzi di ricamo e uncinetto realizzati artigianalmente perché credo che sia il primo modo per valorizzarlo. Il secondo modo è quello di incorporarlo nella mia opera d'arte, pur mantenendo il rispetto per la sua essenza ed esaltandolo, nonostante il processo di decontestualizzazione e ricontestualizzazione. Attraverso la dimensione artistica, porto questo lavoro dalla sfera privata a quella pubblica.”
Quanto incide lo spazio della casa nel suo lavoro?
“Vedo l’ambiente domestico come un Tetris che si combina grazie a tecnologia, tubi e cavi, e molto di tutto ciò è nascosto ai nostri occhi. C'è molto di reale e tangibile, ma anche molto che non possiamo vedere, è strutturale, quasi magico, poetico e risulta essere il paesaggio più intimo che si possa costruire e godere. Quello che faccio, in sostanza, è passeggiare nel paesaggio poetico dell'ambiente domestico.”
Qual è la sua una visione ‘ideale’ del vivere quotidiano?
“Nel mio lavoro, la ‘vita di tutti i giorni’ può variare da un giorno all'altro e la routine è difficile da rispettare. Quando viaggiamo, per esempio, ciò che è normale cambia - anche se possiamo ancora ritrovare la sfera domestica replicata nell’ambiente di un albergo - ma non è più ‘la vita di tutti i giorni’. Ma direi che, per me, ‘l'ideale’ sarebbe prendersi cura di se stessi in tutte le dimensioni della vita durante il giorno. Dormire bene, mangiare bene, fare esercizio fisico, che sono tutti modi per valorizzare la propria salute. Penso che sia molto importante creare un equilibrio tra la vita personale e la vita professionale, oltre che tra il lato intellettuale e quello spirituale delle cose. Ciò si riflette sulle azioni che commettiamo, lasciando spazio a noi stessi e a coloro che sono più vicini a noi, prendendosi cura dei bisogni del nostro corpo e della nostra mente. Un giorno in cui posso fare tutto questo è una buona giornata.”
Lei dice: “Le mie opere sono concepite a partire dagli elementi e dai materiali del quotidiano”: ci può fare qualche esempio legato per esempio al quotidiano domestico, anche il suo...
“Comincio un lavoro raccogliendo e assemblando pezzi che hanno a che fare con la mia memoria e con la mia esperienza e che, come dicevo, spesso arrivano dall'ambiente intimo della casa. Non sono diversa dalle altre persone, nel senso che possiedo anche componenti per la casa. L'unica differenza è che posso guardarli e vederli da una prospettiva diversa.
Alcuni esempi interessanti si possono trovare nelle mie Valkyrie. Ho utilizzato molto uncinetto anche su di loro, sono pezzi d'arte tessili, inizialmente nati proprio per riciclare i componenti tessili non più utilizzati. Ricami, biancheria intima, pezzi di abbigliamento - ed è importante non dimenticare che anche gli abiti svolgono un ruolo importante nella nostra vita quotidiana – raccolti al fine di creare sculture e che ora hanno un nuovo scopo che nasce dalla dimensione creativa. Esiste, per esempio, una Valkyria intitolata "Raining Men" realizzata con un sacco di cravatte e tute. È dedicata agli uomini, è una decostruzione dell'uniforme, del formale, della formattazione sociale. Poi c’è, "Marina Rinaldi", che fa lo stesso con il guardaroba femminile, nel tentativo di liberare la donna che lavora, l'imprenditrice. Oppure "Mumbet", che utilizza tessuti della vita quotidiana delle donne del Mozambico perché rende omaggio a una donna schiava che è diventata libera e alle sue radici africane. E ancora una volta, c'è la decontestualizzazione che significa allontanarsi dall'uso originale e ricontestualizzare fornendo un nuovo uso, una nuova dimensione. Le Valkyirie diventano un grande spettacolo di tutto ciò che ci circonda all'interno dell'ambiente domestico.”
Parliamo ora di identità. Quanto valore ha per essere donna e essere portoghese, figlia di paese così speciale che ha dato prova di essere all’altezza delle difficoltà e che, negli ultimi anni, ha affrontato le crisi con intelligenza e orgoglio?
“Sono pienamente consapevole del fatto che non potrei creare quello che creo se non fossi prima di tutto una donna e in secondo luogo portoghese. Essere portoghese comporta moltissimo. La geografia, lo stile di vita, la storia, il multiculturalismo, il modo in cui uniamo e mescoliamo le cose: in nessun'altra parte del mondo ho visto una statua del Buddha, una della Madonna e una maschera africana in piedi fianco a fianco nello stesso salotto. Ma in Portogallo questo fa parte della nostra storia e di chi siamo. Questo è ciò che plasma la nostra cultura, tutti i riferimenti collettivi che condividiamo come persone. Poi ci sono alcune cose particolari come la luce. In Portogallo, la luce ha una forte tonalità di bianco e questo ha un profondo impatto nel nostro spettro cromatico, per quanto riguarda il colore, che è molto diverso dal nord Europa, per esempio. Infine, in Portogallo domina il Barocco e io sono stata profondamente condizionata dalla tradizione barocca.”
Quanto deve “sapere/conoscere” oggi un artista?
“Penso che il rapporto con la conoscenza sia molto personale. Ci sono artisti che amano molto la filosofia, altri preferiscono studiare altre materie, alcuni amano essere insegnanti e altri no. Gli artisti non sono esattamente una tribù molto organizzata che si attiene a uno schema. Ognuno sviluppa le conoscenze che pensa siano più adeguate allo sviluppo del proprio lavoro.”
Quali sono gli ingredienti del divano BomBom? Personalmente ci vedo un bel mix di culture, la sua, la sua storia, il suo Paese, ma anche quella francese di Roche Bobois...
“Ci vedo il barocco ma anche quel fascino francese di design e buon gusto. C'è il lato sociale della vita che i francesi hanno sviluppato molto bene, godendosi l'uno con l'altro e condividendo spazi, sedendosi e socializzando, è la cultura del sociale. E questi divani lo consentono, per stare insieme e socializzare. Possono essere utilizzati negli spazi pubblici e nelle sale, ma anche nell'intimità della propria casa. Adoro l'idea che chi li prende li può assemblarli come vuole esprimendo il proprio gusto e la propria individualità, la propria idea di comfort; si può decidere come sedersi e scegliere il supporto - più rigido o più rilassato - e cosa funziona meglio per loro e il loro corpo. E tutto questo è un po’ arte no?”