De anima
di Maurizio Barberis
“..O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti
L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;
Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l’Orse…”
“…Vi è un quadro di Rembrandt in cui tutto questo viene espresso nitidamente: la Resurrezione di Monaco. I soldati in primo piano, barcollano nei pressi della lastra sepolcrale scoperchiata: è il caos insensato, in parte crudele, in parte ridicolo, del mondo terreno. Al di sopra, l’Angelo: in un’ondata di splendore divino, come se avesse lasciato aperti dietro di sé i cancelli del cielo, circonfuso di fulgida gloria. E infine, in un angolo, quasi soltanto un’ombra, come di lontano, si delinea il capo di Gesù con un’espressione difficilmente decifrabile; e tutt’a un tratto sappiamo: è l’anima, di fronte alla cui vita sbiadita, sofferente, ancora semi paralizzata dalla rigidità cadaverica, quella terra e quel cielo scompaiono e si annullano. Su questo capo non vi è alcuna enfasi pittorico-sentimentale o mistico-religiosa, ma l’assoluta semplicità: è l’anima che, in quanto anima, non è di questo mondo, ma nemmeno dell’altro…” ( Georg Simmel, Rembrandt )
Partire da Talete. Lo spazio, l'acqua. Immortalità dell'anima. Anima e divinità sono dunque la stessa cosa? Divinatore e divino, Anassimandro, discepolo di Talete, concepisce l'origine del mondo in un luogo senza margini, senza bordi, dove gli elementi si annullano e da dove hanno origine. Infinito il movimento per il tempo e la danza. La dialettica degli opposti è una ierogamia, un periplo, un volo d'uccelli : "Forse in quel distacco interiore, in quella scoperta di un'anima divina senza passioni né colori, Talete ha trovato le sue forme astratte." (Giorgio Colli, La sapienza Greca)
Anassimandro rappresenta per primo la forma del mondo, e la disegna come un cilindro. La terra considerata come un punto immobile, analoga del sole. Una ruota cava al cui centro l' essere, l'apeiron, si riflette nel vuoto, e da cui si dipartono, come raggi, gli elementi, e le infinite forme che da lui derivano. La terra collocata dentro un sistema di cerchi ruotanti, ovvero le stelle.
Anassimandro di Mileto, cui vengono attribuite raffinate conoscenze geometriche, grande astronomo e misuratore di stelle, restituisce un'immagine astratta del sistema solare, dove prima il sole, poi la luna infine le stelle fisse e i pianeti che discendono in bell'ordine.
Inventa il tempo e la sua misura concepita come giustizia e al tempo stesso vendetta, per il distacco dall'uno, per quanti hanno usato e vissuto il confine. Vendetta per la forma che separa soggetto ed oggetto, l'origine del male.
Oikoumène: terre emerse, luoghi favorevoli, sodali all'uomo. E anche universali, sinonimo di verità. Comprendono senza separazioni l'intero mondo. L' ecumene è circondato dalle acque, poiché è di là che la vita deriva. Anassimandro ci dice che gli uomini hanno origine dai pesci, nel loro ventre trovano alimento e riparo, sino a quando escono liberi e li trasformano, per vendetta e per giustizia, nel loro proprio cibo. E oltre? Ancora apeiron, l'infinita indeterminatezza. Ma che cosa troviamo al centro dell' Ecumene?
Supponiamo un cerchio, indiviso, e dal bordo tracciamo due rette, a perpendicolo tra loro. Ecco una croce, con un punto in mezzo, un centro. Ma se noi allarghiamo il centro e lo facciamo coincidere per misura con il cerchio, e andiamo avanti così, all'infinito, senza sosta, ci troviamo con un movimento che non muove un bel nulla. Da nessun posto in nessun altro posto. E la materia? Pura astrazione: " Difatti per primo Anassimandro ha introdotto la parola arché ponendola al vertice. Sarà soltanto molto più tardi che tale parola significherà principio astratto, elemento: anticamente significava inizio, origine, e d'altro canto dominio, sovranità, potere soverchiante, magistratura, autorità." (G.Colli, La Sapienza Greca)
Ed ecco che subito, al principio, il fenomenico cede il passo al noumenico, l'orma generatrice assume la fisionomia di ciò che non può essere conosciuto, dell'indicibile. Ciò che non può essere visto non può essere detto, sfugge alla logica e alla classificazione, sfugge al dominio della scienza.
Arché, il principio, l'origine anassimandrea, è forma senza forma, che tutte le riassume e tutte le differenzia, poiché solo grazie a quell'inizio, a quell'orma che tutte le precede, possiamo scoprire i successivi passi. Arché è l'ombra dell'apeiron, del suo primo affacciarsi al mondo, l'istante prima del divenire. Prima che la forma si perda nella sensazione, prima di cogliere la fragranza dell'eterno mutamento.
Mescolamento e compenetrazione, interazione. L'interazione dei fenomeni ci riconduce all'unità delle cose, all'unità del mondo, alla possibile abolizione delle differenze di soggetto e oggetto. L'idea di compenetrazione ci impedisce di bloccare la forma, di isolarla in un istante che assuma valore di assoluto. Come l'impossibilità di forma, questo termine, arché, lavora a favore di un territorio delle differenze, di un'irriducibile frammentazione dello spazio e del tempo.
Contraddizione solo apparente, poiché sulla base dell'interagire delle cose comprendiamo l'impossibilità del distacco, e qualora questo avvenga, la sua vocazione malevola, votata all'ingiustizia.