MILANO, ANNI SETTANTA (A proposito di Philippe Daverio)
di Maurizio Barberis
Anni strani, pieni di umori e di ricerca di nuove visioni. Nel 1976 un giovane alsaziano naturalizzato milanese, ultimo di cinque fratelli, dopo gli studi non completati alla Bocconi, decide di trasformare la sua passione per l’arte in mestiere. Così Philippe Daverio apre la sua prima galleria in quella Montenapoleone non ancora saturata dagli showroom degli stilisti. Due piccoli locali e l’ambizione di affiancare al lavoro di mercante un raffinato progetto editoriale.
Prima vittima delle sue passioni giovanili quel Balsamo Stella, poeta del vetro e grande didatta.
Una passione, questa delle arti applicate, che non verrà mai meno, ché l’inizio della sua carriera è caratterizzato proprio dall’amore per il Liberty e per l’Art Nouveau, e in particolare per il lavoro di Èmile Gallé.
Passione che nasce dalla necessità di aprire finestre nuove in una Milano che sembra dimentica del suo recente passato, tutta intenta a celebrare i fasti dell’America lontana. La ‘ville salumiére’, come appariva in quegli anni al giovane (e già snob) gallerista la città lombarda, è ormai priva dei grandi collezionisti e connoisseurs, i Mattioli o gli Jesi, ma, per citare le sue parole, “…solo bottegai con manie decorative…”. Banche e cultura, ecco la formula perfetta per rilanciare l’arte in città. Ma servono mezzi, e la buona stella che sembra proteggere il Daverio sembra non bastare più a tenere il passo delle sue ambizioni. All’attenzione per le arti applicate si unisce quella per la pittura del novecento italiano, in cui si specializza, e che vede come un’estensione delle arti applicate. Un mondo senza soluzione di continuità. Poeti minori, opere dimenticate e riportate alla luce dal paziente lavoro archeologico del Nostro. E così lo affiancano due nuovi soci, quel Paolo Baldacci grande esperto di De Chirico, e Fabio Castelli, imprenditore illuminato con la passione per la grafica e la fotografia. Sua la curatela di una prima bella mostra, Bianco e Nero, he mette a confronto le immagini di Man Ray, Moholy Nagy, El Lisssitzky con le grafiche di Munch, Cezanne Bonnard e Delaunay (tra gli altri).
Nasce così una nuova stagione, e la galleria si trasferisce nelle cantine dello stesso palazzo, più grandi, ma che abbisognano di una costosa ristrutturazione. Da qui spiccherà il volo per New York, sempre con l’obbiettivo di promuovere quella straordinaria stagione dell’arte italiana che ebbe vita tra le due guerre. Le edizioni Philippe Daverio pubblicheranno i cataloghi completi dalle opere di De Chirico e di Gino Severini, quest’ultimo con la curatela di Maurizio Fagiolo dell’Arco. Gli anni settanta si concluderanno in realtà alla fine degli anni ottanta, quando la galleria Daverio chiuderà per problemi economici.
Ricordare Daverio.