Alla ricerca del canone perduto: costruire i codici

di Maurizio Barberis 

 “…Se dunque è questa, mio caro Carmine, la fenomenologia dell’amore, tu dovrai riconoscere nella creazione artistica il momento di massima autonomia della coscienza: rappresentare se stessa nell’istante medesimo in cui si pensa…” ( Cesare Brandi, Carmine o della pittura)

Shringara, The Erotic Sentiment: An Ascetic Smitten, gouache on paper, Mughal, Ist quarter of the 18th century,  State Museum, Lucknow

Shringara, The Erotic Sentiment: An Ascetic Smitten, gouache on paper, Mughal, Ist quarter of the 18th century,  State Museum, Lucknow

Attraverso la determinazione di una serie di codici la visione diviene il modo della trasposizione dell'in-visibile nella sua quiddità fenomenica.

Shringara, The Erotic Sentiment, A Prince waits for his Bride, gouache on paper Mughal, Ist quarter of the 18th century, National Museum, New Delhi

Shringara, The Erotic Sentiment, A Prince waits for his Bride, gouache on paper Mughal, Ist quarter of the 18th century, National Museum, New Delhi

Attraverso la decodificazione dello stimolo, attraverso la sua razionalizzazione, possiamo ottenere una prima possibile configurazione dell'esperienza.

Hasya, The Comic Sentiment, A courious Mendicant, gouache on paper, Rajastan, middle of the 18th century, State Museum, Lucknow

Hasya, The Comic Sentiment, A courious Mendicant, gouache on paper, Rajastan, middle of the 18th century, State Museum, Lucknow

E' grazie ad un canone codificato che possiamo trasformare l’intuizione in visione e la visione in pensiero, è grazie a un codice condiviso che l’oggetto della rappresentazione esce dall’anonimo sfondo del mondo fenomenico e si fa cosa, percetto, così come la grammatica e la sintassi consentono alla nostra scrittura di trasformarsi in pensiero (e viceversa).

Karuna, The Pathetic Sentiment, The Heroine consoled by her friend, gouache on paper, Pahari, last quarter of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Karuna, The Pathetic Sentiment, The Heroine consoled by her friend, gouache on paper, Pahari, last quarter of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

L'in-visibile è pertanto quella condizione del conoscere sensibile che si pone un’istante prima dello svelamento del senso, palese o occulto, dell’immagine stessa.

Karuna, The Patetic Sentiment: The Dejected Heroine, gouache on paper, Ist quarter of 19th century Pahari, last quarter of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi 

Karuna, The Patetic Sentiment: The Dejected Heroine, gouache on paper, Ist quarter of 19th century Pahari, last quarter of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi 

E' dunque la razionalità una forma di configurazione che traduce la massa polimorfa degli stimoli in una sensazione precisa e sua volta questa in pensiero, in logos, qualcosa che ci consenta non solo di comunicare ciò che percepiamo, ma anche di manipolarlo, di gettarlo oltre (pro-meteo), oltre ciò che stiamo 'provando' grazie allo stimolo visivo. La razionalità dei linguaggi è dunque un accomodamento, un compromesso con gli infiniti possibili che fluiscono scorrendo davanti al nostro sguardo.  

Raudra, The Furious Sentiment, Vishnu Kills Madhu and Kaitabha, From Durga Charitra Series, gouache on paper, Rajasthan, Ist quarter of 19th century, Umaid Bhavan Palac, Jodhpur

Raudra, The Furious Sentiment, Vishnu Kills Madhu and Kaitabha, From Durga Charitra Series, gouache on paper, Rajasthan, Ist quarter of 19th century, Umaid Bhavan Palac, Jodhpur

In-visibile è ciò che sta prima della creazione, dell'atto demiurgico del separare (ratio) la luce dalle tenebre, la terra dal mare, e diviene visibile solo grazie al segno, alla delimitazione compiuta dalla linea usata dal pittore per separare i campi della visione, confusi dalla massa cromatica. Perché il colore sta dalla parte dello stimolo, dalla parte dell'in-visibile che confonde lo sguardo razionale del progetto. Le bianche e terse case costruite dal razionalismo della linea testimoniano questa radicale antipatia per il colore e per le sue immotivate seduzioni linguistiche.

Raudra, The Furous Sentiment, The Fight between Jatayu, the Vulture King, and Ravana, from a Ramayana series,gouache on paper, Pahari, Ist quarter of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Raudra, The Furous Sentiment, The Fight between Jatayu, the Vulture King, and Ravana, from a Ramayana series,gouache on paper, Pahari, Ist quarter of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Perché dunque visibile e in-visibile? Queste due condizioni postulano la condizione necessaria che separa ciò che può essere determinato da un codice da ciò che non può e non potrà mai esserlo. L'in-visibile appartiene al lato oscuro della Forma, la Lilith  che non vuole essere afferrata dalla regola, dalla norma che porta alla luce, ma rimane solido monito della soglia, della permanenza del in-conoscibile, qualunque sforzo si faccia per sfumarne i bordi ignoti. Il problema del codice, della norma, riguarda per altro, soprattutto le qualità estetiche di un artefatto, la possibilità di rendere immanente, attraverso il numero, attraverso un elemento misuratore, le virtù ‘trascendenti’ della pura sensazione. Come nel caso delle aure porte di  Florenskij, dove l'idea di Icona, commisurata a un Canone, giunge a un principio universale che ne illumina la Forma Eterna.

Vira, The Heroic Sentiment, Warrior carrying a long sword, gouche on paper, Deccan, Middle of th 17th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Vira, The Heroic Sentiment, Warrior carrying a long sword, gouche on paper, Deccan, Middle of th 17th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Il Canone ci consente di esplorare l'irrazionale, l'invisibile, usando il codice come 'il cieco usa il bastone', per parafrasare Cartesio, al fine di ricondurre, addomesticata, la natura della verità ontologica all'interno dei nostri limitati confini fenomenici. Il concetto di Canone riflette in questo caso l'idea che l'esprit metafisico possa essere commensurabile, uniformato al sacro principio regolatore della coscienza del divino. Grazie a ciò ritroviamo di fronte a noi l'idea di 'verità ontologica', possibile in quanto percepibile, in quanto soggetto attivo della nostro cosmo estetico.

Bhayanaka, The Terrible Sentiment, The Power of Darkness, from Bhagavata Purana series, gouache on paper, Pahari, 2nd quarter of 18th century, State Museum Lucknow

Bhayanaka, The Terrible Sentiment, The Power of Darkness, from Bhagavata Purana series, gouache on paper, Pahari, 2nd quarter of 18th century, State Museum Lucknow

Il problema che ci poniamo è dunque: quale l'organo, il sensorium, che, codificato, ci consente la percezione della natura ultima dell’essere?  Sicuramente la vista, potrebbe rispondere qualcuno. E perché non il suono, il tatto, l'odore, il sapore e così via ? Perché dunque proprio questo senso, che ci descrive la lontananza, assumendo periodicamente il valore di fondazione, attraverso i codici interpretativi, di ciò che questi stessi codici negano, cioè della dimensione assoluta dell'essere. La tattilità dello sguardo, la prensilità della visione, ci consente una robusta presa di posizione nei confronti delle cose che si sottopongono al nostro giudizio, testimoniando forse di quell'ansia di infinito, che la visione riassume nell'impossibile percorso verso l'Altro.

Bibhatsa, The Odious Sentiment, A Man eating Heads of Animals, gouache on paper, Rajasthan,  4th quarter  of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Bibhatsa, The Odious Sentiment, A Man eating Heads of Animals, gouache on paper, Rajasthan,  4th quarter  of the 18th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Così la vista, associata alla luce, appare subito elemento di forte rilievo metafisico. La vista, tra gli organi di senso, è non solo il più importante, ma anche quello con il maggior grado di autonomia dall’oggetto percepito, quello che ci consente di vedere anche in assenza,  solo grazie all’ausilio della memoria. E la luce appare come la più evanescente tra le metamorfosi della materia. Pur sempre materia, materia consustanziata, immanente alla nostra condizione di esilio spirituale. Ecco quindi il senso di una corretta visione. Accedere alla verità, intendendola come senso ontologico, come significato ultimo celato dietro la natura manifesta delle cose. Vedere dunque è anche e soprattutto percepire l'invisibile manifestazione del cosmo. Attraverso il sensorio della vista siamo nella condizione di rendere fenomenicamente percepibile sia il visibile che l'in-visibile.

Adbhuta, The Marvelous Sentiment, Vishwarupa: the cosmic form of Vishnu, gouache on paper, Rajastan 2nd quarter of the 18th century, Jagdish and Kamla Mittal Museum of Indian Art

Adbhuta, The Marvelous Sentiment, Vishwarupa: the cosmic form of Vishnu, gouache on paper, Rajastan 2nd quarter of the 18th century, Jagdish and Kamla Mittal Museum of Indian Art

E' la struttura dell'organum che ci aiuta. Struttura che comprende, naturalmente, la sua forma neurofisiologica, ma anche i codici e le norme attraverso cui traduciamo in materia comprensibile il caotico fluire degli elementi. La forma ‘simbolica’, quella particolare funzione dell'organum attraverso cui ci apriamo finalmente all'intuizione dell'invisibile, ai suoi codici, ai suoi valori linguistici, assume corpo, 'carne e ossa', grazie alle possibili e infinite configurazioni del visibile, per comporre la sintesi suprema dell'oggetto sfuggente.

Shanta, the Quiescent Sentiment, The Glory of Vishnu, gouaache on paper, Pahari, Ist quarter of the 19th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Shanta, the Quiescent Sentiment, The Glory of Vishnu, gouaache on paper, Pahari, Ist quarter of the 19th century, Bharat Kala Bhavan, Varanasi

Così codice e azione lavorano all’unisono nel verso di una apertura che delimiti la forma, per definire un infinito possibile, un infinito 'buono', accessibile all'atto della comprensione.