Situs Sive Detritus

Bordi

di Maurizio  Barberis

Situs sive detritus. “...Per quanto aguzzasse lo sguardo, mentre il Flint al centro del bacino girava su se stesso, Gilles vedeva solo rotaie, vagoni che parevano abbandonati, una vecchia nave dalle giunture passate al minio, poi un’arida scarpata e alcuni magazzini frigoriferi...”

Simenon, autore estremamente prolifico, era un uomo che aveva fatto della sua vocazione ‘al vuoto spirituale e alla desolazione’ una sorta di telos personale che lo portò, pur così amante del buon vivere e del lusso, a un indirizzo non privo di un drammatico quanto ironico senso di nemesi. Un uomo ricco, molto ricco, che passò gli ultimi interminabili anni della sua vita confinato in una piccola casa spoglia, arredata con mobili semplici e piuttosto dozzinali, illuminata dal lucore verdastro di neon più adatti ad uno di quei sordidi alberghetti della provincia francese da lui descritti in molti dei suoi romanzi. Senza un libro, che la sua biblioteca, così importante per il suo lavoro, era stata confinata in un appartamento dall’altro capo della città, senza un quadro, che la sua collezione di Picasso e Matisse giaceva chiusa nel caveau di una banca. Niente tappeti ne soprammobili. Tutt’intorno tre anonimi palazzoni chiudevano l’orizzonte, dominato dallo squallido parcheggio di un supermercato. Unico lusso, un piccolo giardino con un enorme cedro, sotto il quale avrebbe disperso le ceneri dell’amatissima figlia morta suicida e dove le sue stesse ceneri un giorno sarebbero state disperse al vento...

Maurizio Barberis, On the Short Sighted, Milano 2016-2020

Maurizio Barberis, On the Short Sighted, Milano 2016-2020

Alcuni luoghi possono ereditare caratteri eccezionali, splendori paesistici e architettonici che li rendono soggetti ideali per una fotografia della menzogna, di un’immagine il cui scopo è creare l’illusoria sensazione di un’ottimistica bellezza del mondo, creato dalla bontà di Nostro Signore a sua immagine e somiglianza.  Sappiamo che le cose non stanno esattamente così, e che tale bellezza o tale bontà, se anche sia mai esistita, ha cessato da molto di essere la silenziosa compagna dei nostri pellegrinaggi e che da troppo tempo ormai il nostro piccolo paradiso terrestre assomiglia alla dimora degli spiriti infernali.

Maurizio Barberis, On the Short Sighted, Milano 2014-2020

Maurizio Barberis, On the Short Sighted, Milano 2014-2020

Siamo passati, quasi senza rendercene conto, da un mondo permeato dall’idea di progresso e di speranza a un mondo dominato dalla paura e dall’incertezza. L’orrore che ci circonda ha indossato la veste usuale e quotidiana delle banalità e delle necessità dettate dall’istinto di sopravivenza. L’eccezione conferma la regola, anzi, l’annulla. E quei pochi tratti residuali di bellezza nei quali ancora ci possiamo imbattere esaltano ancor più la normale epifania dell’orrore che ci circonda. Se la regola del mondo è la banalità, ciò che ci possiamo aspettare dalla verità in fotografia è la messa a nudo del regno delle quantità, della dittatura dei numeri, dalla presa di potere degli ingegneri e degli economisti. Dio è un ragionerie, e il creato risponde alle logiche quantitative dei tassi di interesse e del debito pubblico.

Maurizio Barberis, On the short sighted, Milano, 2016-2020

Maurizio Barberis, On the short sighted, Milano, 2016-2020

E’ una via a senso unico, solo andata senza ritorno. L’enorme complessità della società contemporanea, giustificata dalla necessità di sopravivenza di miliardi di esseri umani, rende indispensabile il dominio del numero, il regno delle quantità e l’impero delle statistiche, il presidio dell’ingegnere e dello scienziato sulla plancia di comando.

Fotografare il mondo e i suoi siti richiede dunque l’esercizio monastico della rinuncia alla bellezza, l’enfasi del detrito e del suo nulla e la capacità di ritrovare dentro questo nulla il valore residuale, il suo potere,ciò che un giorno potrà far risorgere dalle ceneri l’araba fenice della via dello spirito.

Maurizio Barberis, prima che sorga il sole, Rio terrà dei pensieri, Venezia

Maurizio Barberis, prima che sorga il sole, Rio terrà dei pensieri, Venezia

Infine, la scelta dei luoghi è stata quanto mai casuale, dettata vuoi da una serie di coincidenze statistiche, quali, per esempio, dal numero di volte in cui ho attraversato un certo luogo e quindi da un grado di familiarità e di conoscenza puramente quantitativa, vuoi, al contrario, dalla stocastica casualità di un viaggio non cercato ma dovuto, sia per lavoro che per motivi famigliari . Conosco Milano per esserci vissuto troppo a lungo. Non provo più nessuna meraviglia o stupore per le architetture di una città che trovo più necessaria che piacevole. Viceversa conosco Venezia per averci studiato e per averla frequentata sporadicamente per molto tempo. La sua necessità nasce dalle sue bellezze, ma proprio queste l’hanno resa ridondante e molesta, acquitrinosa come un mal di testa in una giornata di sole.  La conoscenza e la frequentazione continua mi hanno spinto verso una serie di immagini marginali, periferiche e indirette, residui di una familiarità che dura ormai da molto tempo.

Maurizio Barberis, Prima che il sole sorga (Rio Terrà dei Pensieri), Milano 2015-2020

Maurizio Barberis, Prima che il sole sorga (Rio Terrà dei Pensieri), Milano 2015-2020

Tutto il resto nasce da incontri non premeditati ne richiesti, quasi fosse la fotografia un accessorio di itinerari subiti. Nessuno dei siti attraversati ha mai avuto ne, suppongo, mai avrà una relazione con le mie vite passate o future.

Unica chiosa, il tempo: un tempo residuale, collocato tra due picchi eventuali, vuoi nell’arco di un’unica giornata, vuoi nel corso dell’anno solare. Un luogo può essere fotografato come fosse deserto, quando la sua caratteristica principale è di essere transitato da migliaia di persone nell’arco di una giornata. Il tempo residuale rende uno spazio residuo, colto dunque nell’istante in cui è l’assenza che lo caratterizza, attraverso i segnali residuali delle sue funzioni. Un luogo diviene vuoto quando è temporaneamente residuale. Due sole eccezioni confermano, a mio parere, questa  regola: la piccola città di Aquileia, ormai un paesone della provincia veneta, già avamposto romano e testa di ponte dell’impero nel nord Italia, ricchissima di testimonianze residue, e dove le tombe di giovani cittadini italiani caduti nella prima guerra mondiale testimoniano della continuità nel tempo e nello spirito di quel luogo divenuto nel frattempo marginale, e un cimitero ebraico, nella cui spoglia semplicità convivono il ricco e il povero, il colto e l’ignorante, il furbo e lo sciocco, resi uguali nella morte e nella pietra dal magistero solenne dell’ultimo giudizio.

Maurizio Barberis, Prima che il sole sorga (Aquileia), Milano 2015-2020

Maurizio Barberis, Prima che il sole sorga (Aquileia), Milano 2015-2020