Del Collezionare
Maria Cristina Ferraioli
Collezionare arte (ma questo vale anche per il design d’autore) non significa semplicemente acquistare oggetti di valore economico, ma anche stabilire un dialogo con l’artista e con la sua visione del mondo. Le opere di autori riconosciuti non solo impreziosiscono spazi privati e pubblici, ma raccontano storie, esprimono emozioni e riflettono il tempo in cui sono state create. Negli ultimi decenni, il collezionismo ha assunto nuove forme grazie all’evoluzione del mercato dell’arte e del design. Non si tratta più solo di dipinti o sculture, ma anche di installazioni, arredi d’autore e opere digitali.
Le piattaforme online e le case d’aste internazionali hanno reso più accessibile la possibilità di possedere un pezzo unico o una tiratura limitata di un grande designer o artista contemporaneo. Il collezionismo moderno ha abbandonato ormai da diverso tempo l’idea di una ricerca tutta tesa verso il concetto cinquecentesco di Wunderkammer. Se ogni epoca ha un suo modo di collezionare, il contemporaneo è caratterizzato da un forte legame con la pratica artistica, tanto che le due attività spesso si sovrappongono fin quasi a confondersi. Il collezionista, oggi, non è più solo un semplice accumulatore di oggetti. È l’artista che firma la sua collezione. L’eclettismo, la varietà e l’impronta personale, che caratterizzano ogni tipo di raccolta, si oppone completamente a quella rigida e predefinita dei musei. La collezione è un modo di mettere e tenere insieme le cose, dunque una visione e un modo di intendere, un’opera fatta di opere altrui, dai cui accostamenti scaturiscono pensieri e visioni diverse. In molti casi, il collezionista ha assunto un ruolo che si avvicina a quello del curatore museale e, talvolta, persino a quello dell’artista stesso. Non è più solo un’attività per chi accumula oggetti in grande quantità; è anche un modo di esprimersi per quegli artisti che li racimolano per creare opere d’arte secondo il principio warburghiano dell’assemblaggio/montaggio.
Gli esempi abbondano: dall’artista dadaista Kurz Schwitters e il suo straordinario Merzbau, un insieme disordinato di materiali ed oggetti accumulati nel corso di un’intera vita, a Joseph Cornell che nelle sue “Shadow Boxes” assembla oggetti disparati senza un apparente senso logico, a Hans-Peter Feldmann che, fin da bambino, raccoglie immagini ritagliate da stampe di ogni genere per creare il suo museo personale, liberamente ispirato al Museo Immaginario di André Malraux. Questo approccio non solo celebra la passione e l’impegno di chi raccoglie opere, ma invita anche a riflettere su come il collezionismo si intrecci con le dinamiche contemporanee dell’arte. Un’evoluzione che testimonia una passione che va oltre il mero possesso: è un desiderio di infinito, un’ansia collezionistica che spinge a costruire un mondo personale e unico, un universo che non trova mai fine.
Ogni collezione racconta una storia, un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, dove ogni oggetto è un frammento di un’esperienza più ampia. Il collezionista diventa un narratore, un custode di memorie e significati, che vive in un universo sempre incompleto, in una sorta di aporia temporale. La tensione verso un’immortalità mai realizzata è un tema ricorrente. Ogni pezzo acquisito è un tentativo di fermare il tempo, di catturare un momento che altrimenti svanirebbe. Tuttavia, questa ricerca di eternità è intrinsecamente paradossale: più si colleziona, più si realizza che il mondo dell’arte è in continua evoluzione, sempre sfuggente e mai completamente afferrabile. Il collezionista, quindi, si trova a vivere in un equilibrio delicato tra il desiderio di possesso e la consapevolezza della transitorietà. In un’epoca in cui il collezionismo può sembrare un atto solitario, è importante riconoscere il potere di connessione e condivisione che esso porta con sé, trasformando ogni collezione in un ponte tra passato, presente e futuro.